Il diario di Anne Frank
Recensione di Stefano Ravaglia
10 dicembre 2015
Cara Anne, noterai qualcosa di molto familiare in questo pezzo che sto scrivendo, a partire dalla data che fa da incipit. Già, sembra proprio la pagina di un diario, come quello che scrivevi tu. Mi sembrava un modo originale per iniziare una ottima recensione. Ma come di cosa? Del tuo diario appunto. In barba a ciò che pensavi: “A chi possono interessare i racconti di una tredicenne?”. Sono passati 70 anni da quando te ne sei andata, e devi sapere che i tuoi racconti hanno interessato molte persone. Moltissime. Anne, ce l’hai fatta! Il tuo diario è diventato un libro, che ho appena finito di leggere e che non ha fatto altro che lasciarmi un mare di sensazioni ed emozioni. Proprio come desideravi, seppur tale desiderio era celato dietro a un velo di scetticismo. E’ stato tradotto in 70 lingue e ha venduto milioni di copie. Quello che hai scritto non sono semplici svolazzi adolescenziali, ma una serie di messaggi chiusi in una bottiglia che è arrivata fino a noi: di pace, di speranza, di umiltà, di autocritica, di ottimismo, di entusiasmo. Hai valorizzato la vita come poche persone sanno fare, lo hai fatto nei pochi anni della tua breve esistenza al contrario di persone che campano cent’anni e non ci riescono mai. E, al contrario mio, che scrivo pigiando i tasti di un computer (una invenzione che può essere croce e può essere delizia ai nostri tempi Anne, credimi) al sicuro della mia abitazione, senza timore che qualcuno faccia irruzione e mi porti via, tu l’hai fatto addirittura partendo con un handicap, ossia la clandestinità forzata per sfuggire all’assurdo caos del mondo che ti circondava. Sono sicuro, che dovunque sarai, avrai continuato a dedicarti alla tua grande passione, la scrittura; sarai diventata una straordinaria comunicatrice su carta e penna, avrai deliziato il paradiso con i tuoi “Racconti dall’Alloggio segreto”. Sai, anche a me piace scrivere e leggere, ed è un aspetto in cui mi sono davvero rivisto leggendo le righe che avevi buttato giù durante la tua reclusione. Di sicuro quel mondo non era sano, ma ti posso certificare che anche oggi non ce la passiamo bene. Non saresti tanto entusiasta nemmeno della situazione odierna. Da quei giorni degli anni ’40 di acqua ne è passata sotto ai ponti, ma si vede che all’uomo piace fare la guerra. Ce ne sono state altre, con il loro carico di vittime e un desolante lascito di povertà e macerie. Ma tutti noi, come scrivevi tu, continuiamo a credere nella “intima bontà dell’uomo”.
Cara Anne, noterai qualcosa di molto familiare in questo pezzo che sto scrivendo, a partire dalla data che fa da incipit. Già, sembra proprio la pagina di un diario, come quello che scrivevi tu. Mi sembrava un modo originale per iniziare una ottima recensione. Ma come di cosa? Del tuo diario appunto. In barba a ciò che pensavi: “A chi possono interessare i racconti di una tredicenne?”. Sono passati 70 anni da quando te ne sei andata, e devi sapere che i tuoi racconti hanno interessato molte persone. Moltissime. Anne, ce l’hai fatta! Il tuo diario è diventato un libro, che ho appena finito di leggere e che non ha fatto altro che lasciarmi un mare di sensazioni ed emozioni. Proprio come desideravi, seppur tale desiderio era celato dietro a un velo di scetticismo. E’ stato tradotto in 70 lingue e ha venduto milioni di copie. Quello che hai scritto non sono semplici svolazzi adolescenziali, ma una serie di messaggi chiusi in una bottiglia che è arrivata fino a noi: di pace, di speranza, di umiltà, di autocritica, di ottimismo, di entusiasmo. Hai valorizzato la vita come poche persone sanno fare, lo hai fatto nei pochi anni della tua breve esistenza al contrario di persone che campano cent’anni e non ci riescono mai. E, al contrario mio, che scrivo pigiando i tasti di un computer (una invenzione che può essere croce e può essere delizia ai nostri tempi Anne, credimi) al sicuro della mia abitazione, senza timore che qualcuno faccia irruzione e mi porti via, tu l’hai fatto addirittura partendo con un handicap, ossia la clandestinità forzata per sfuggire all’assurdo caos del mondo che ti circondava. Sono sicuro, che dovunque sarai, avrai continuato a dedicarti alla tua grande passione, la scrittura; sarai diventata una straordinaria comunicatrice su carta e penna, avrai deliziato il paradiso con i tuoi “Racconti dall’Alloggio segreto”. Sai, anche a me piace scrivere e leggere, ed è un aspetto in cui mi sono davvero rivisto leggendo le righe che avevi buttato giù durante la tua reclusione. Di sicuro quel mondo non era sano, ma ti posso certificare che anche oggi non ce la passiamo bene. Non saresti tanto entusiasta nemmeno della situazione odierna. Da quei giorni degli anni ’40 di acqua ne è passata sotto ai ponti, ma si vede che all’uomo piace fare la guerra. Ce ne sono state altre, con il loro carico di vittime e un desolante lascito di povertà e macerie. Ma tutti noi, come scrivevi tu, continuiamo a credere nella “intima bontà dell’uomo”.
- Trama
Annelies Marie Frank è una ragazza ebrea tedesca, nata a Francoforte sul Meno il 12 giugno del 1929 da padre Otto e mamma Edith. Il giorno del suo tredicesimo compleanno, nel 1942, le viene donato, tra gli altri regali, un diario con la copertina in tela rossa e quadretti bianchi. Lo stesso giorno inizia a buttarci sopra i suoi pensieri, rivolgendosi a una vera e propria amica immaginaria denominata “Kitty”. Nel 1933, a seguito del crescente antisemitismo in Germania, la famiglia Frank è costretta a rifugiarsi in Olanda, ad Amsterdam, prima in una abitazione alla Merwedeplein, poi, per sfuggire a una chiamata dalla Germania indirizzata alla sorella Margot, al 263 di Prinsengracht. Nei piani superiori dell’edificio che ospita l’azienda del padre di Anne, Otto Frank, celati da un ingresso nascosto dietro una libreria, dall’inizio di luglio del 1942, trovano rifugio Anne, la sorella, il padre, la famiglia Van Pels (Van Daan, sul diario), composta dalla signora Auguste, il marito Hermann e il figlio Peter, amici della famiglia Frank, e il signor Fritz Pfeffer (che sul diario comparirà con il nome “Dussel”) dentista e conoscente dei Frank che li raggiungerà solo più avanti, nel novembre ‘42. Inizia una lunga e forzata convivenza con la speranza di non essere mai scoperti e di salvarsi una volta finita la guerra. Il 4 agosto 1944 però, dietro soffiata di una persona mai identificata, l’ufficiale delle SS Karl Silberbauer, irrompe nell’alloggio segreto insieme ad altri suoi colleghi, prelevando i clandestini e destinandoli ai campi di concentramento. Anne e Margot moriranno a Bergen-Belsen nei primi mesi del 1945, gli altri nei campi di Auschwitz, Mathausen o Neuengamme. L’unico tra i clandestini a salvarsi dalla prigionia è il padre di Anne, Otto, che torna in Olanda e inizia ad occuparsi del diario della figlia dandolo alle stampe nel 1947 come Anne aveva auspicato. Durante la clandestinità, a fare da collegamento ai rifugiati erano quattro “benefattori”: MiepGies, Johannes Kleiman, Victor Kugler, JanGies, marito di Miep e BepVolskuilj, le uniche persone ad essere al corrente del nascondiglio, quasi tutti collaboratori nella ditta di Otto Frank. Portavano ai rinchiusi notizie, cibo e quant’altro avessero bisogno assumendosi un grosso rischio. Kugler e Kleiman vennero portati via insieme ai clandestini nel giorno della loro scoperta.
- Analisi generale
Densa di significati l’opera che si va ad analizzare. Inutile ricordare che Anne Frank è stata eletta a simbolo della Shoah, e questo suo Diario è un emblemariconosciuto nel mondo di cosa abbia rappresentato la persecuzione contro il ebrei e l’Olocausto. Leggo molti libri durante l’anno, ma mai nessuno di questi mi aveva emozionato e toccato nel profondo come questo. Ho scelto di continuare a trattare le storie che sono arrivate a noi dalla Seconda Guerra Mondiale leggendo il diario di Anne dopo essermi riempito gli occhi del racconto di Primo Levi e della sua prigionia a Monowitz con il suo “Se questo è un uomo” e il naturale seguito “La tregua”, dove il chimico torinese affronta le peripezie del viaggio di ritorno. E’ stato un attimo arrivare ad Anne, un argomento da sempre conosciuto ma che non avevo mai affrontato in profondità e dipanato nei dettagli. In primo luogo, visione del tutto personale ma molto chiara, “Il diario di Anne Frank” non può secondo me rientrare in una sola categoria letteraria, ma è più generi in un libro solo:
- Autobiografia: Anne racconta e si racconta, conosciamo le sue passioni, i suoi sentimenti, la storia della sua famiglia, la sua vita prima e durante la reclusione;
- Saggio storico: il mondo che la circonda è in guerra, tramite una radio clandestina, Radio Orange, Anne riporta le notizie che riguardano il conflitto evidenziando dunque il momento storico di riferimento;
- Romanzo: esistono personaggi, descritti minuziosamente in tutte le loro mancanze o virtù, con storie che si intrecciano seppur l’ambientazione sia sempre la stessa, “l’Alloggio Segreto”; esiste una protagonista, che è la stessa Anne.
La lettura è semplice, il linguaggio scorrevole e totalmente comprensibile, gli scritti sono più o meno corti a seconda dei giorni; Anne non redige il suo diario quotidianamente ma lo fa comunque con assidua costanza e dando una visione chiara e minuziosa del corso degli eventi all’interno dell’edificio in cui è rinchiusa con i suoi compagni. Si va dalle tre righe di sabato 7 agosto 1943 in cui Anne annuncia semplicemente di aver iniziato a redigere un racconto, parallelamente al suo diario, “una cosa tutta inventata, mi piace talmente che continuo ad accumulare pagine scritte”, alla lunga missiva del 13 giugno 1944, il giorno successivo al suo ultimo compleanno in cui parla ancora della situazione bellica, dell’amore per la natura e soprattutto della figura della donna che, a suo dire, “occupa nei popoli un posto molto meno importante rispetto all’uomo”.
Il diario attraversa il periodo 12 giugno 1942-1 agosto 1944, ossia da quando Anne compie tredici anni, fino ai 15. La piena adolescenza, il mutamento fisico e psichico in atto, lo sconvolgimento emozionale, i pensieri liberi, seppur il tutto racchiuso entro quattro mura e non coadiuvato da esperienze esterne, emergono con vigore e travolgono il lettore. Ecco le emozioni e le sensazioni a cui accennavo. Personalmente, leggere ogni giorno redatto da Anne mi trasportava immediatamente verso quello successivo, nonostante si faccia accenno a una vita noiosa e ripetitiva, cosa alla quale una clandestinità è facilmente propensa. I particolari e le descrizioni di Anne sembrano invece portarci a un giorno sempre diverso dall’altro, accompagnato dall’ansia della quotidiana rincorsa alla libertà. Pur sapendo già il finale, sono rimasto sempre e costantemente colpito non solo dagli avvenimenti raccontati ma soprattutto dalla bontà eterna di questa ragazza, altruista, di cuore, sensibile ma pur sempre intransigente nel voler imporre la sua autorità, smorzata costantemente dagli altri inquilini solo perché lei si trovava ad essere la più giovane ed unica ragazzina tra quelle mura.“Da domani faccio di testa mia e vediamo dove arrivo”, una delle frasi emblematiche dell’intera opera. O lo scritto del 30 ottobre 1943: “A volte penso che Dio mi voglia mettere alla prova, adesso e anche dopo. Devo diventare buona da sola senza esempi da seguire e senza spiegazioni, così poi sarò particolarmente forte”.
Oltre ai mutamenti accennati, nello sfogliare pagina per pagina, ci si accorge di un cambiamento all’interno del Diario stesso, o perlomeno di come l’autrice lo percepisce. Anne, una volta averlo ricevuto in regalo, inizia a scrivere di getto pensieri vari sulle sue giornate. Racconta soprattutto di cosa accade nel quotidiano, parla delle sue mattine scolastiche e descrive minuziosamente chi gli sta intorno, soprattutto i suoi compagni di classe. Arrivato il momento della clandestinità e vedendo da un punto di vista tutto nuovo il mondo che la circonda, si capovolge mano a mano anche la concezione che lei ha del suo strumento. Il Diario non è più un semplice oggetto di passatempo, ma qualcosa di più grande, qualcosa che può avere un futuro, diventare un libro, una testimonianza perenne, aiutata anche dalle dichiarazioni del ministro per l’Educazione olandese, che nel marzo ’44 annuncia via radio che potranno essere rese pubbliche tutte le memorie e gli scritti relativi alla guerra una volta che essa sarà finita. Non è un caso che Anne, un paio di mesi dopo, inizi a riscrivere da capo, parallelamente alla prima redazione, una seconda redazione del Diario apportando modifiche, aggiunte, correzioni e quant’altro possa rendere l’opera pronta per una pubblicazione. Il Diario ora dunque non è più solo una valvola di sfogo, ma un lavoro curato e ragionato che mantiene ugualmente la sua emblematica purezza in ciò che riporta scritto.
Il diario attraversa il periodo 12 giugno 1942-1 agosto 1944, ossia da quando Anne compie tredici anni, fino ai 15. La piena adolescenza, il mutamento fisico e psichico in atto, lo sconvolgimento emozionale, i pensieri liberi, seppur il tutto racchiuso entro quattro mura e non coadiuvato da esperienze esterne, emergono con vigore e travolgono il lettore. Ecco le emozioni e le sensazioni a cui accennavo. Personalmente, leggere ogni giorno redatto da Anne mi trasportava immediatamente verso quello successivo, nonostante si faccia accenno a una vita noiosa e ripetitiva, cosa alla quale una clandestinità è facilmente propensa. I particolari e le descrizioni di Anne sembrano invece portarci a un giorno sempre diverso dall’altro, accompagnato dall’ansia della quotidiana rincorsa alla libertà. Pur sapendo già il finale, sono rimasto sempre e costantemente colpito non solo dagli avvenimenti raccontati ma soprattutto dalla bontà eterna di questa ragazza, altruista, di cuore, sensibile ma pur sempre intransigente nel voler imporre la sua autorità, smorzata costantemente dagli altri inquilini solo perché lei si trovava ad essere la più giovane ed unica ragazzina tra quelle mura.“Da domani faccio di testa mia e vediamo dove arrivo”, una delle frasi emblematiche dell’intera opera. O lo scritto del 30 ottobre 1943: “A volte penso che Dio mi voglia mettere alla prova, adesso e anche dopo. Devo diventare buona da sola senza esempi da seguire e senza spiegazioni, così poi sarò particolarmente forte”.
Oltre ai mutamenti accennati, nello sfogliare pagina per pagina, ci si accorge di un cambiamento all’interno del Diario stesso, o perlomeno di come l’autrice lo percepisce. Anne, una volta averlo ricevuto in regalo, inizia a scrivere di getto pensieri vari sulle sue giornate. Racconta soprattutto di cosa accade nel quotidiano, parla delle sue mattine scolastiche e descrive minuziosamente chi gli sta intorno, soprattutto i suoi compagni di classe. Arrivato il momento della clandestinità e vedendo da un punto di vista tutto nuovo il mondo che la circonda, si capovolge mano a mano anche la concezione che lei ha del suo strumento. Il Diario non è più un semplice oggetto di passatempo, ma qualcosa di più grande, qualcosa che può avere un futuro, diventare un libro, una testimonianza perenne, aiutata anche dalle dichiarazioni del ministro per l’Educazione olandese, che nel marzo ’44 annuncia via radio che potranno essere rese pubbliche tutte le memorie e gli scritti relativi alla guerra una volta che essa sarà finita. Non è un caso che Anne, un paio di mesi dopo, inizi a riscrivere da capo, parallelamente alla prima redazione, una seconda redazione del Diario apportando modifiche, aggiunte, correzioni e quant’altro possa rendere l’opera pronta per una pubblicazione. Il Diario ora dunque non è più solo una valvola di sfogo, ma un lavoro curato e ragionato che mantiene ugualmente la sua emblematica purezza in ciò che riporta scritto.
- Incertezza, paura ma tanta speranza
Un’altra sfaccettatura ben marcata e allo stesso tempo toccante, è il perdurante carico di speranza che l’autrice del Diario si porta dentro e non esita a mettere nero su bianco. Lo sguardo continuamente rivolto al futuro, l’incrollabile fiducia verso una vita normale, nonostante la situazione di grande sacrificio in cui si trova. Frequente anche l’utilizzo della espressione “dopo la guerra”. Alcuni esempi concreti:
- “Dobbiamo risparmiare fino all’ultimo centesimo così dopo la guerra potremo aiutare gli altri a salvare il salvabile” (13 gennaio 1943)
- “A volte mi chiedo: come faremo, noi che siamo abituati a usare cose consumate a tornare al nostro stile di vita di prima della guerra?” (2 maggio 1943)
- “Oh Kitty, la cosa più bella dell’invasione è che ho la sensazione che siano in arrivo degli amici. Margot dice che forse in settembre od ottobre potrò tornare a scuola” (6 giugno 1944)
- “Eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto tornerà a volgersi al bene, che anche questa durezza spietata finirà, e che nel mondo torneranno tranquillità e pace”. (15 luglio 1944)
- “Sono troppo allegra per essere logica data la prospettiva che in ottobre potrò tornare a sedermi su un banco di scuola!”(21 luglio 1944)
- Contrasti e liti all’interno dell’Alloggio
Una forzata e duratura convivenza tra famiglie di carattere e natura diverse, nonostante la necessaria collaborazione, il rispetto reciproco e delle regole fissate, nonchè la triste vicenda che li accomuna, può facilmente far sbocciare incomprensioni e litigate di vario genere. E’ quello che accade di frequente nell’Alloggio, per i più disparati motivi: il signor Van Daan, assiduo fumatore, che finisce le sigarette, i modi intransigenti di mamma Edith verso Anne che prende sempre più le distanze da sua madre, il gatto che rischia di fare rumore e far insospettire chi lo avverte, ancora i coniugi Van Daan che litigano sulla vendita di una preziosa pelliccia della signora che frutterebbe 325 fiorini, indispensabili in quel momento per tirare avanti. Emerge, mese dopo mese, una costante crescita verso l’alto di una sorta di auto-distruzione, come se non bastasse la situazione esterna a minacciare una fine imminente. Anne vive tutto questo con tormento, accusa per tutto ciò fastidio e spossatezza, parla di“mal di testa”e cerca di ritagliarsi qualche minuto tutto per sé chiudendosi a riccio: “ringrazio di avere una mezz’oretta per me sola”.Più volte lo evidenzia nel diario:
- “Qui tutti litigano con tutti. Mamma e io, Van Daan e papà, mamma e la signora, tutti sono in collera, atmosfera simpatica, no? Il contenuto del solito registro dei peccati Anne è di nuovo di grande attualità”(27 aprile 1943)
- “Mi vengono i brividi se penso a quanti insulti sono volati durante l’ultimo mese in questa casa di persone per bene. Francamente a volte non ricordo con chi abbiamo litigato e con quali persone ho già fatto la pace”(17 ottobre 1943)
- “Mi chiedo se si litighi sempre con le persone con cui si vive per tanto tempo: Oppure siamo noi che abbiamo avuto scalogna?”(15 gennaio 1944)
- “Ma appena mi abituerò, e non manca molto, gli darò pan per focaccia, allora sì, che cambieranno atteggiamento! Sono effettivamente tanto maleducata, stupida, pigra ecc. ecc. come di cono di sopra? So bene di avere molti difetti e molte manchevolezze, ma loro esagerano troppo, davvero troppo! Se solo tu sapessi, Kitty, come mi sento ribollire dentro durante quelle scenate e sgridate. Non passerà molto tempo prima che la mia rabbia repressa esploda”.(28 settembre 1942)
- Il rapporto complicato con la madre
Abbiamo fatto già accenno dei costanti dissapori tra Anne e sua madre Edith. La sorella Margot, di tre anni più grande, traspare come la preferita di famiglia. Anne risente molto di questo, del fatto che le viene più volte rinfacciato che “Margot non avrebbe fatto questo”, “Margot non avrebbe detto quest’altro”. Trovo che ciò debba essere addebitato a due caratteri completamente diversi delle due sorelle. Margot, più discreta, silenziosa, quasi “omologata”, padroneggia il quieto vivere e non spicca come la sorella: questo la mette forse al riparo da un certo tipo di comportamenti e quindi di esternazioni. Anne è di carattere completamente opposto. Specifica senza giri di parole di avere due anime, quella buona e quella cattiva. Quella della ragazza di cuore, piena di positività e voglia di vivere (la metà che vorrebbe più spesso mostrare agli altri) e quella della ragazza in un certo senso non allineata, che vuole spiccare, che vuole costruirsi una propria personalità, che ha la risposta pronta con tutti. Il suo lato meno affabile la porta spesso allo scontro, con la madre ma non solo, anche con i componenti del gruppo rinchiuso nell’Alloggio. Vero è che con la madre il rapporto non è solo logorato ma, come si evince dalle parole scritte da Anne, totalmente compromesso:
- “Oh in momenti come questi non riesco a sopportarla, del resto anche per lei sono un’estranea, si vede, non sa neppure come la penso nemmeno sulle cose più normali” (27 settembre 1942)
- “Finalmente ho detto al babbo che voglio molto più bene a lui che alla mamma. Non sopporto proprio la mamma e devo costringermi con la forza a non risponderle sempre male e tenermi calma, potrei prenderla a schiaffi, non so perché mi è così antipatica”(3 ottobre 1942)
- “E’ difficile dire la verità, eppure la verità è che lei mi ha allontanata da sé con i suoi commenti inopportuni e il suo modo sarcastico di affrontare temi su cui non voglio scherzare, mi ha reso immune al suo affetto” (2 aprile 1943)
- “La mamma e Margot si sostengono a vicenda. Ci sono così abituata che le sgridate della mamma e le scenate di Margot mi lasciano del tutto indifferente. Voglio bene a tutte e due solo perché sono la mamma e Margot, ma come persone possono andarsene al diavolo. Mi aggrappo a papà perché è l’unico per cui valga la pena di provare un senso di attaccamento alla famiglia” (30 ottobre 1943)
D’altronde la funzione di un diario è quella di poter scrivere, in quanto segreto, qualsiasi cosa passi per la testa senza mezzi termini e per questo rivelarsi in tutta la propria personalità più pura. Quando Anne parla di sua madre i mezzi termini non li usa di certo: siamo davanti forse all’esempio più trasparente di sfogo intimo che la ragazza riversa sul suo Diario. Si parla di “prenderla a schiaffi”, di essere “immune al suo affetto”. Sono parole pesanti, ma non esito a credere innanzitutto che in fondo al suo cuore Anne abbia sempre voluto bene alla madre e in secondo luogo che non servisse la tragica separazione scaturita dalla deportazione per capirlo intimamente. Nonostante l’intransigenza della signora Frank, ritengo poi che la sofferenza sia reciproca: una sera Edith, al rifiuto di Anne alla proposta di pregare insieme prima di dormire, si chiude in un silenzio fatto di lacrime e sofferenza, segno dell’enorme dispiacere per il rapporto con la figlia sempre più sfilacciato.
- Anne: esuberante ma autocritica
Il lavoro introspettivo di Anne è il filo conduttore dell’opera. Come quasi tutti gli adolescenti dell’epoca, ma anche come quelli di oggi, l’età attraversata la mette in preda a un turbinìo di emozioni: malinconia e positività, tristezza e allegria, calma e frustrazione. E’ all’interno di questi sconvolgimenti che possiamo leggere una peculiarità di Anne e del Diario: dopo molte pagine scritte, pensieri gettati senza filtri su quella carta bianca, la nostra riesce a fare una sorta di punto della situazione iniziando a rileggere quanto scritto sino a un determinato momento. Si volta cioè indietro, si prende una breve pausa per rielaborare i contenuti e allo stesso tempo analizzare costantemente sé stessa. Ci appare una Anne non certo immodesta, per nulla vanitosa o altezzosa, o in preda al disprezzo verso gli altri, nonostante le parole dure nei confronti della madre e di alcune situazioni a lei circostanti. Tutt’altro: come avrà modo di affermare il padre Otto a distanza di anni “Lei era la più autocritica della famiglia”. Rileggendo le sue righe ci sono parecchie cose che Anne non riscriverebbe giunta a un certo punto della redazione del suo Diario. Cose decisamente intime o infantili, che vorrebbe cancellare con un colpo di spugna. Il passo chiave a tal proposito è datato 22 gennaio 1944:
- “Ora non potrei più scrivere cose simili. E’ passato un anno e mezzo, e, sfogliando questo diario, non riesco a capacitarmi di essere stata tanto ingenua. D’istinto so che, anche desiderandolo ardentemente, non potrei mai tornare a essere così. I commenti sulle liti e sul conto di Margot, mamma e papà, invece, sono ancora molto attuali, avrei potuto scriverli ieri tali e quali. Mentre non riesco a capire come ho potuto trattare altri argomenti così senza riserbo”.
- “Di sera a letto, quando medito sui molti peccati che ho commesso e su quelli che mi vengono appioppati gratuitamente, l’enorme quantità di cose di cui devo tener conto mi confonde e scoppio a ridere o a piangere a seconda dell’umore del momento. E mi addormento con lo strano desiderio di essere diversa da quella che sono o forse diversa da quella che voglio o magari di comportarmi in modo diverso da come voglio o faccio”
- Il rapporto con Peter
“Di mattina alle nove e mezzo (stavamo ancora facendo colazione) arrivò Peter Van Daan, un ragazzo piuttosto noioso e timido che non ha ancora sedici anni e dalla cui compagnia non c’è da aspettarsi un gran che”:eppure era cominciata così. Con il pensiero annotato il 14 agosto del 1942, quando Anne, dopo aver “piantato in asso per un mese intero” il suo diario, descrive l’arrivo di una persona destinata a sconvolgere considerevolmente il periodo, seppur breve, di clandestinità nell’alloggio.
Anche nelle rappresentazioni cinematografiche o televisive che hanno riguardato il Diario di Anne il figlio dei Van Daan viene rappresentato così: schivo, taciturno, dal carattere difficile, con un rapporto altrettanto delicato col padre, così come accade ad Anne con la madre. Peter, che perirà a Mathausen il 5 maggio del 1945, appena tre giorni prima dell’arrivo degli alleati, inizialmente butta gli occhi sull’altra figlia della famiglia Frank, ossia Margot, meno scanzonata e irriverente della sorella. Non vi sono infatti grosse tracce di Peter nel Diario nel primo anno e mezzo, se non per ricordare il giorno del suo compleanno o l’azione contro qualche rumore sospetto proveniente dai piani inferiori; ma tutto cambia all’inizio del 1944. “Non so perché mi sono messa in testa di scegliere Peter”, dice Anna a proposito del suo desiderio di scambiare due chiacchiere con qualcuno dell’Alloggio. L’insolita visita nella parte di casa dove lui alloggia, rende il figlio dei Van Daan nervoso e sorpreso, conseguenza di un carattere introverso.
Dopo aver trascorso con lui la serata scambiando qualche parola, Anne si lascia andare, tra le proprie lenzuola, a un copioso pianto, dovuto alla debolezza di dover sforzarsi molto per scalfire quel muro dietro cui si cela il suo coinquilino. E’ curioso come l’approccio a Peter sia accompagnato da un sogno di Anne la notte stessa: una vecchia e romantica cotta infantile per un ragazzo che, guardacaso, di nome faceva Peter (cognome Schiff) appare davanti a lei in tutta la sua pienezza, con un contatto guancia a guancia che Anne avverte ancora al suo risveglio. Iniziano a susseguirsi una serie di visite di Anne nella stanza di Peter, oppure alcune puntate in soffitta dove guardano la porzione di cielo concessa dal lucernario sul tetto.
I due stabiliscono un rapporto di fiducia e piano piano buttano giù a picconate il muro che finora li separava inconsapevolmente. “Avverto una forte intimità che prima avevo soltanto con le mie amiche” scrive Anne il 14 febbraio 1944. Gli argomenti sono i più svariati, i due toccano anche questioni sessuali. Anne individua in Peter un grande complesso di inferiorità (“Se gli do una mano in francese mi ringrazia mille volte”) e sovverte tutte le sue impressioni iniziali a proposito del suo distacco, della sua poca attitudine a comunicare con gli altri. E’ una pallina che rotola su un piano in discesa, sempre più veloce. In quei giorni di febbraio Anne scrive di nuovo “Ogni volta che vado di sopra l’obbiettivo è vedere <<lui>>.
La mia vita qui in realtà è notevolmente migliorata, perché adesso ha di nuovo uno scopo e ho un motivo di rallegrarmi”.L’influsso benefico della ragazza di Francoforte fa bene a Peter, che si apre e si concede sempre più benevolmente. “Ora non è più come prima, che non sa cosa dirmi, anzi, continua a parlare anche quando sono già fuori dalla porta”.Anne si arrovella sempre di più sulla sua immagine e prova a leggere i suoi pensieri: “Devo proseguire da sola, forse non pensa a me altro che in modo superficiale. Chissà, magari non gli importa niente di me”, atteggiamento che le provoca lacrime di tristezza miste a speranza, con una grande angoscia che la attanaglia. Il culmine arriva alla fine di quel febbraio. Domenica 27 e lunedì 28 Anne mette nero su bianco la sua ossessione: “Non faccio altro che pensare a Peter dalla mattina alla sera. Per me sta diventando un incubo continuo. Lo vedo quasi ogni ora. Peter Schiff e Peter Van Daan si sono fusi in un unico Peter, buono e gentile che ora più che mai è l’oggetto dei miei desideri”.Ecco la congiunzione dei due Peter.
Ecco il momento in cui Anne, a seguito di quel sogno di qualche giorno prima, allaccia l’immagine del suo passato con quella del suo presente. Le sagome dei due Peter combaciano alla perfezione, a tal punto che Anne inizia a vivere l’attesa di un passo successivo, di uscire allo scoperto, dichiarandosi sperando di essere corrisposta. E soprattutto in attesa del primo bacio, che arriva, seppur nei modi e nei termini di due adolescenti, il 15 aprile del 1944. La testa poggiata sulle spalle, le carezze reciproche e un bacio tra i capelli e la guancia, il primo contatto fisico di un certo spessore per i due. E’ il culmine della felicità per Anne, che si definisce “Sentimentale e irragionevole”, e non ha alcuna paura a mostrarsi in tutti i suoi più puri sentimenti. I due si devono anche gioco forza però interfacciare con gli altri componenti di casa, e il padre di Anne predica prudenza, intimandola di non dare troppa confidenza dato che è l’uomo che deve rappresentare “la parte attiva”.
Accade però, quasi immediatamente dopo il fatidico bacio, che il tutto si ridimensioni. Il 19 maggio Anne scrive: “Dopo la difficile conquista sono un po’ al di sopra della situazione, ma non credere che il mio amore sia diminuito, lui è un tesoro, ma sono tornata a chiudermi dentro me stessa; se vorrà rompere di nuovo il lucchetto dovrà darsi da fare parecchio!”. Servono un paio di giorni senza salire da lui per “tornare a desiderarlo come prima”. Ed inoltre Anne non nasconde che alcune cose la deludono, “soprattutto la sua avversione alla religione” e questo modo di voler apparire sempre come un demotivato. Trovo che la situazione, arrivata a un punto altissimo, forse al suo culmine, non poteva che scivolare ora soltanto verso il basso. Percorrere la strada impervia verso la conquista del suo amato ha generato in Anne stimoli ed entusiasmo, un lavoro da portare avanti quotidianamente con la linea del traguardo laggiù, in fondo. Ecco, svelate ora molte carte, il rapporto passa a una fase successiva che non supererà mai. L’approccio alla vita di Peter, senza alcun mordente, dove sarebbe più “facile” essere deboli e non aver nessuna voglia di cambiare il proprio carattere, forse spaventa Anne (“Facile? Una vita pigra e disonesta deve essere anche facile?”).
Persona di ben altra visione nei confronti della vita: manifesta spesso il suo desiderio di andare a Parigi, di diventare una donna colta, di essere diversa da tutti gli altri. Il punto di rottura con Peter secondo me è proprio questo: la confidenza, le mille chiacchiere e l’apertura progressiva del ragazzo è il punto limite verso cui lui si spinge. Il suo senso di oppressione e autostima non collima con l’entusiasmo di Anne. “Come posso spiegargli che quello che sembra tanto facile e bello lo trascinerà negli abissi dove non ci sono amici né sostegni, dove non c’è più niente di bello, gli abissi da cui è quasi impossibile risalire?“.
Non sapremo mai come finirà. L’ultimo pensiero che Anne dedica a Peter è nella lunga missiva del 15 luglio 1944, quella dove “credo tutt’ora all’intima bontà dell’uomo”. Quel giorno, Anne tocca molti argomenti, tra cui la sua situazione sentimentale: “So benissimo di averlo conquistato io e non viceversa. E’ superficialità o timidezza quella che lo trattiene perfino davanti a me?”. Non sopporta che il ragazzo non se la cavi da solo o non abbia una prospettiva di questo tipo. Ora vorrebbe quasi distaccarlo per permettere “che si regga in piedi da solo”. La linea dei sentimenti, dell’affetto e dell’ammirazione si è fatta sottile ma è ancora presente; eppure la ragione prevale ormai sul cuore. Purtroppo, l’unico distacco che si produrrà, sarà quello dei campi di concentramento. Verranno separati quasi subito. Chissà se in cielo si sono ricongiunti e Peter ha finalmente aperto definitivamente il cuore ad Anne…
Considerazioni finali
Mi auguro di aver descritto e scomposto l’opera nelle parti più significative che sono emerse, almeno per come personalmente l’ho recepita io. Il lascito del “Diario di Anne Frank” impone un dovere: mantenerne vivo sempre, generazione dopo generazione, la sua testimonianza e il suo significato. Una piccola vittoria, nonostante la tragedia, secondo me Anne l’ha già ottenuta: dopo 70 anni siamo ancora qui a parlare della sua opera. Ma non basta. Personalmente, ed è un rammarico che si è pian piano materializzato davanti a me pagina dopo pagina, non ricordo, nei miei anni scolastici, di aver avuto tra le mani questa che è una testimonianza che dovrebbe essere resa obbligatoria nelle scuole. Leggere libri, per molti studenti, e lo avvertivo io stesso nei giorni in cui anche io ero uno studente, posso comprendere sia vista come una cosa pesante e semplicemente ottemperante degli obblighi scolastici. La maturità e la crescita cambiano però il proprio modo di approcciarsi alle cose ed è ora per me un piacere susseguire una lettura dietro l’altra. Il libro non è più per me una spessa pila di pagine apparentemente insormontabili, ma un rifugio serale che mi distacca dal mondo quotidiano e mi porta in un’altra dimensione. Ecco, nessuno ha saputo trascinarmi come Anne. Sono lontanissimi ormai i tempi della persecuzione degli ebrei e della seconda guerra mondiale e la sfida è proprio questa: più la distanza aumenta e più si fa sempre più urgente il bisogno di non dimenticare. Rendiamo quindi obbligatoria la lettura ma non solo, favoriamo soprattutto l’approccio e la discussione di questo Diario, una testimonianza come detto unica nel suo genere. Così come gli scritti di Primo Levi, e tutte le altre voci della Shoah. Anne incarna i valori che tutti noi dovremmo portare dentro e trasmettere: aiuto del prossimo, sensibilità, amore per le persone e per la natura. Non sarò capace personalmente di fare un solo grammo di ciò che ha fatto Anne nella sua breve ma intensa vita, molto spesso noi tutti non sappiamo far coincidere i buoni propositi con i reali comportamenti, ma da adesso, dopo aver letto il suo Diario, avrò e avremo un motivo in più per pensare dieci secondi a quello che stiamo per dire o per fare, avvertendo la voce di Anne che ci suggerisce se è la cosa giusta o sbagliata. Sarebbe bello scegliere quale strada prendere per mezzo di quei valori che la ragazzina di Francoforte, così spigliata, sveglia, affabile e innamorata della vita ha incuneato dentro di me e mi auguro anche dentro a tutti coloro, spero pochi, che non hanno ancora vissuto mano nella mano di Anne la sua storia.
Per continuare ad approfondire
Mi sembra buona cosa suggerire ciò che ho visto e reperito su Anne nell’ambito della letteratura, del cinema, della televisione e quant’altro per poter ampliare la conoscenza a tal proposito al di là del “Diario”. Sarebbe lungo il materiale da citare, mi limito a suggerire quanto da me osservato e reperito immediatamente dopo la lettura del suo diario.
Cinema e tv
- “Il diario di Anne Frank”, è il film vincitore di tre premi oscar del 1959. Si può facilmente reperire in dvd e personalmente mi è piaciuto moltissimo nonostante un paio di inesattezze storiche;
- “La breve vita di Anne Frank” è un documentario scomposto in 5 parti che si può trovare su You Tube in cui appare per qualche secondo anche la stessa protagonista in un breve filmato che la riprende affacciata alla finestra della sua casa a Merwedeplein;
- “La storia di Anne Frank”(Anne Frank, The Whole Story), una miniserie televisiva andata in onda in due puntate nel 2001 negli Stati Uniti ma che si trova anche doppiata in italiano e ritrasmessa dalla piattaforma satellitare Tele+
Letteratura
- Interessante e curioso è il libro “I nostri giorni con Anne”, dove otto compagni di classe di Anne ai tempi del liceo ebraico, descrivono la loro amica e compagna di viaggio seppur per un breve periodo della loro vita. Scritto da Theo Coster, edito nel 2012.
Internet
Oltre ai numerosi siti che riguardano la Shoah, ne cito due che riguardano direttamente Anne Frank:
Il sito ufficiale della Casa di Anne Frank ad Amsterdam
Il sito della associazione benefica Un ponte per Anne Frank a cui poter donare e partecipare alle numerose iniziative.