Anne e Margot vengono deportate nel campo di concentramento di Bergen –
Belsen.
All’inizio, Bergen – Belsen era uno dei campi meno peggiori, non vi erano camere a gas, era un campo di transito per gli ebrei che erano destinati a essere inviati in Palestina, una volta scambiati con gli ufficiali tedeschi prigionieri delle forze alleate.
Il campo è situato in una zona desertica e arida della landa del Luneburg, dove si patisce il freddo e la fame.
Nell’autunno del 1944, il settore Sternlager, la parte peggiore del campo, avrebbe dovuto accogliere i nuovi arrivi, prigioniere malaticce ma suscettibili di guarigione. Questo settore viene riempito di baracche, destinato a tali prigioniere che, in completa denutrizione e spossatezza, giungevano a Bergen – Belsen dopo un lungo ed estenuante viaggio in carri bestiame.
È questo il destino di Anne e Margot. Dopo un viaggio terribile durato tre giorni, stipate in un carro bestiame pieno di deportate malate, giungono a Bergen – Belsen. Il campo è sovraffollato, dato l’elevato numero di prigioniere provenienti da altri campi di concentramento, e le baracche nel settore Sternlager non sono ancora pronte.
"Auschwitz era l'inferno, ma un inferno perfettamente organizzato, senza il minimo disordine: chi moriva spariva subito; chi si ammalava gravemente anche; chi era gassato non gridava:" Ha successivamente testimoniato Renata L.A, per il giornale Ernst Shnabel "Il crematorio fumava senza tregua, i reticolati erano carichi di elettricità, ma potevamo lavarci. Si riusciva a vivere in attesa di essere uccisi. A Belsen non si riusciva neppure a vivere. Non c'era appello né ordine né sorveglianza né cibo né acqua né speranza. Si arrivava là, ci si sedeva per terra e c'era da aspettare solamente una cosa: morire."
All’inizio, Bergen – Belsen era uno dei campi meno peggiori, non vi erano camere a gas, era un campo di transito per gli ebrei che erano destinati a essere inviati in Palestina, una volta scambiati con gli ufficiali tedeschi prigionieri delle forze alleate.
Il campo è situato in una zona desertica e arida della landa del Luneburg, dove si patisce il freddo e la fame.
Nell’autunno del 1944, il settore Sternlager, la parte peggiore del campo, avrebbe dovuto accogliere i nuovi arrivi, prigioniere malaticce ma suscettibili di guarigione. Questo settore viene riempito di baracche, destinato a tali prigioniere che, in completa denutrizione e spossatezza, giungevano a Bergen – Belsen dopo un lungo ed estenuante viaggio in carri bestiame.
È questo il destino di Anne e Margot. Dopo un viaggio terribile durato tre giorni, stipate in un carro bestiame pieno di deportate malate, giungono a Bergen – Belsen. Il campo è sovraffollato, dato l’elevato numero di prigioniere provenienti da altri campi di concentramento, e le baracche nel settore Sternlager non sono ancora pronte.
"Auschwitz era l'inferno, ma un inferno perfettamente organizzato, senza il minimo disordine: chi moriva spariva subito; chi si ammalava gravemente anche; chi era gassato non gridava:" Ha successivamente testimoniato Renata L.A, per il giornale Ernst Shnabel "Il crematorio fumava senza tregua, i reticolati erano carichi di elettricità, ma potevamo lavarci. Si riusciva a vivere in attesa di essere uccisi. A Belsen non si riusciva neppure a vivere. Non c'era appello né ordine né sorveglianza né cibo né acqua né speranza. Si arrivava là, ci si sedeva per terra e c'era da aspettare solamente una cosa: morire."
Anne e Margot, insieme ad altre internate, sono costrette a dormire in una
tenda strapiena di prigioniere, sopra un letto di paglia, senza servizi
igienici.
Le condizioni al campo sono pessime. Il cibo scarseggia e dopo qualche giorno dall’arrivo di Anne e Margot (probabilmente avvenuto il 30 ottobre 1944) arriva una tempesta.
Si tratta di una tempesta violenta, in grado di far cadere la tenda.
“Centinaia di donne. Caos, soprattutto quando la tenda si sfasciò a causa della pioggia e della tempesta. Non sapevamo che cosa stava succedendo. Stavamo in mezzo a grandi pozzanghere, tutte avevamo freddo…” Ha raccontato Rachel, una delle internate a Bergen – Belsen, in una testimonianza.
“E quella mattina fu, come dopo un naufragio, o qualcosa del genere. Dappertutto mucchi e persone e confusione, e lamenti e dolore. Non ritrovammo le sorelle Frank che dopo un paio di giorni.” Ha detto Jannie Brandes – Brilleslijper, ricordando quei terribili giorni. (Nota: Anche la sorella di Jannie, Lien Brilleslijper, fu internata a Bergen - Belsen. Fu proprio Lien, mesi dopo, a comunicare alla Croce Rossa il destino di Anne e Margot. Fu lei la donna alla quale Otto Frank si rivolse per scoprire cos'era successo alle sue bambine. La traduzione della dichiarazione rilasciata da Lien Brilleslijper è leggibile alla fine di questa pagina).
Nonostante tutto, le cose migliorano quando le prigioniere sono finalmente trasferite nelle baracche.
Le condizioni al campo sono pessime. Il cibo scarseggia e dopo qualche giorno dall’arrivo di Anne e Margot (probabilmente avvenuto il 30 ottobre 1944) arriva una tempesta.
Si tratta di una tempesta violenta, in grado di far cadere la tenda.
“Centinaia di donne. Caos, soprattutto quando la tenda si sfasciò a causa della pioggia e della tempesta. Non sapevamo che cosa stava succedendo. Stavamo in mezzo a grandi pozzanghere, tutte avevamo freddo…” Ha raccontato Rachel, una delle internate a Bergen – Belsen, in una testimonianza.
“E quella mattina fu, come dopo un naufragio, o qualcosa del genere. Dappertutto mucchi e persone e confusione, e lamenti e dolore. Non ritrovammo le sorelle Frank che dopo un paio di giorni.” Ha detto Jannie Brandes – Brilleslijper, ricordando quei terribili giorni. (Nota: Anche la sorella di Jannie, Lien Brilleslijper, fu internata a Bergen - Belsen. Fu proprio Lien, mesi dopo, a comunicare alla Croce Rossa il destino di Anne e Margot. Fu lei la donna alla quale Otto Frank si rivolse per scoprire cos'era successo alle sue bambine. La traduzione della dichiarazione rilasciata da Lien Brilleslijper è leggibile alla fine di questa pagina).
Nonostante tutto, le cose migliorano quando le prigioniere sono finalmente trasferite nelle baracche.
Anne e Margot rimangono insieme il più possibile e si impegnano, insieme ad
altre prigioniere, per aiutare un gruppo di bambini alloggiati al blocco.
“Non eravamo troppo lontane dal cosiddetto campo libero, non era permesso, ma lo facevano.” Ha raccontato Rachel in un’altra testimonianza, parlando della continua lotta per la vita di Anne e Margot “Per avere del cibo di amici che speravano di trovare lì al campo, Anne e Margot ci andavano e sembravano molto risolute. Credo che lì incontrassero qualcuno che conoscevano. Lo facevano e tornavano molto entusiaste se avevano un pacchetto.”
Hannah “Hanneli” Goslar, compagna di scuola di Anne, è prigioniera proprio del campo libero, il cosiddetto “Lager delle stelle”, destinato allo scambio con i tedeschi. Un giorno scopre che Anne si trova lì vicino, e così, nonostante il rischio di essere scoperta e la paura di essere uccisa, decide di provare a parlarle.
E ci riesce.
“E’ stato terribile.” Ha raccontato Hannah in una testimonianza “lei ha cominciato subito a piangere e mi ha detto “Non ho più i miei genitori”. Penso spesso che se Anne avesse saputo che suo padre era vivo, avrebbe trovato la forza per sopravvivere.”
Hannah decide di consegnare ad Anne qualcosa da mangiare attraverso il reticolato. Nonostante il pericolo le due amiche si danno appuntamento. La prima volta la tensione è altissima, ma Hannah lancia comunque un fardello contenente del cibo. Nonostante la stanchezza il lancio è alto e il fardello riesce a superare il reticolato.
Anne però non è abbastanza veloce e una prigioniera affamata le porta via il fardello, lasciandola in un pianto disperato.
“Non eravamo troppo lontane dal cosiddetto campo libero, non era permesso, ma lo facevano.” Ha raccontato Rachel in un’altra testimonianza, parlando della continua lotta per la vita di Anne e Margot “Per avere del cibo di amici che speravano di trovare lì al campo, Anne e Margot ci andavano e sembravano molto risolute. Credo che lì incontrassero qualcuno che conoscevano. Lo facevano e tornavano molto entusiaste se avevano un pacchetto.”
Hannah “Hanneli” Goslar, compagna di scuola di Anne, è prigioniera proprio del campo libero, il cosiddetto “Lager delle stelle”, destinato allo scambio con i tedeschi. Un giorno scopre che Anne si trova lì vicino, e così, nonostante il rischio di essere scoperta e la paura di essere uccisa, decide di provare a parlarle.
E ci riesce.
“E’ stato terribile.” Ha raccontato Hannah in una testimonianza “lei ha cominciato subito a piangere e mi ha detto “Non ho più i miei genitori”. Penso spesso che se Anne avesse saputo che suo padre era vivo, avrebbe trovato la forza per sopravvivere.”
Hannah decide di consegnare ad Anne qualcosa da mangiare attraverso il reticolato. Nonostante il pericolo le due amiche si danno appuntamento. La prima volta la tensione è altissima, ma Hannah lancia comunque un fardello contenente del cibo. Nonostante la stanchezza il lancio è alto e il fardello riesce a superare il reticolato.
Anne però non è abbastanza veloce e una prigioniera affamata le porta via il fardello, lasciandola in un pianto disperato.
Le volte successive, però, Anne riesce a prenderlo.
Una sera qualunque Hannah rimane invano ad aspettare Anne per lanciarle il fardello.
Le due amiche non si vedranno mai più.
Altre testimonianze però ci permettono di rimanere ancora con Anne.
Nanette Blitz Konig, compagnia di scuola di Anne e sopravvissuta a Bergen – Belsen, vede nuovamente Anne circa due settimane prima della fine.
Anne ormai è uno scheletro nel lager.
Una sera qualunque Hannah rimane invano ad aspettare Anne per lanciarle il fardello.
Le due amiche non si vedranno mai più.
Altre testimonianze però ci permettono di rimanere ancora con Anne.
Nanette Blitz Konig, compagnia di scuola di Anne e sopravvissuta a Bergen – Belsen, vede nuovamente Anne circa due settimane prima della fine.
Anne ormai è uno scheletro nel lager.
Il cibo è praticamente insistente e tutte le internate sono affamate.
“Ancora oggi mi chiedo come due scheletri come noi abbiano potuto riconoscersi.” Ha detto Nanette “nelle rare occasioni in cui riuscii ad andarla a trovare nella sua baracca, Anna mi parlava del diario e mi diceva che voleva usarlo come punto di partenza per un libro che avrebbe scritto su quello che stavamo vivendo.”
"Verso la fine della guerra, Anne era una delle bambine che facevano parte della mia stessa baracca." Ha raccontato Irma Sonnenberg Menkel, internata a Bergen - Belsen e costretta a essere una capo baracca "non sapevo niente della sua famiglia, e non mi ricordo molto di lei, solo che era una ragazzina molto tranquilla. Quando scoprii che aveva quindici anni ne rimasi sorpresa. Sembrava più giovane di me. Carta e penna erano difficili da trovare, ma ricordo che Anne scriveva un po', anche se non molto".
“Ancora oggi mi chiedo come due scheletri come noi abbiano potuto riconoscersi.” Ha detto Nanette “nelle rare occasioni in cui riuscii ad andarla a trovare nella sua baracca, Anna mi parlava del diario e mi diceva che voleva usarlo come punto di partenza per un libro che avrebbe scritto su quello che stavamo vivendo.”
"Verso la fine della guerra, Anne era una delle bambine che facevano parte della mia stessa baracca." Ha raccontato Irma Sonnenberg Menkel, internata a Bergen - Belsen e costretta a essere una capo baracca "non sapevo niente della sua famiglia, e non mi ricordo molto di lei, solo che era una ragazzina molto tranquilla. Quando scoprii che aveva quindici anni ne rimasi sorpresa. Sembrava più giovane di me. Carta e penna erano difficili da trovare, ma ricordo che Anne scriveva un po', anche se non molto".
Verso la fine dell’inverno un’epidemia di tifo petecchiale comincia a
produrre decine di migliaia di vittime. Nonostante la loro forza interiore,
Anne e Margot non tardano ad ammalarsi.
"Il tifo era un problema gravissimo, specialmente per i bambini." Ha aggiunto Irma Sonnenberg Menkel "della mia baracca, su 500 bambini 100 si ammalarono di tifo. La maggior parte morirono. Quando Anne si ammalò di tifo, mi ricordo che le dissi che poteva rimanere nella baracca e che non sarebbe dovuta uscire per l'appello che, sotto il sole o sotto la pioggia, durava ore. Il cibo era un altro gravissimo problema, non c'era quasi niente da mangiare, niente. C'era l'acqua, ma verso la fine non ci fu più neanche quella. Una volta chiesi a un soldato un po' di farina per i bambini, pur di far mangiare loro qualcosa, e lui mi diede dei cereali. Anne mi chiese un po' di quei cereali, ma come potevo darglieli? Quei cereali erano per i bambini più piccoli, che comunque, alla fine, morirono lo stesso."
“L’ultima volta che ho visto Anne” ha raccontato Hannah “era debolissima e pelle e ossa. Quasi facemmo fatica a riconoscerci e parlarci.”
“A un certo punto, negli ultimi giorni, Anne stava davanti a me e non aveva più lacrime. Raccontò che le bestioline la facevano rabbrividire e che per questo aveva gettato via tutti i suoi abiti. Eravamo nel cuore dell’inverno… Radunai tutto quello che potevo trovare per darlo a lei, affinché fosse di nuovo vestita. E da mangiare neanche noi avevamo molto… ma ho cercato di dare qualcosa della nostra razione ad Anne.” (Jannie).
“Le ragazze Frank erano magrissime, avevano un aspetto terribile. Bisticciavano a causa della loro malattia… avevano i posti peggiori della baracca, giù vicino alla porta.” (Rachel)
Anne e Margot sono gravemente malate di tifo.
"Ho un vago ricordo di Anne mentre parla di suo padre. Era davvero una brava ragazzina, una bella persona. Lei mi diceva "Irma, sono molto malata?". Ed io replicavo "No, non lo sei". Anne voleva essere rassicurata. Quando scivolò nel coma, la presi tra le mie braccia. Non sapeva di essere così malata, non sapeva che stava morendo." (Irma Sonnenberg Menkel).
“Due giorni dopo, sono andata a dare un’occhiata alle ragazze. Margot era caduta dal tavolaccio sul pavimento di pietra, era morta. Il giorno seguente, morì Anne.” (Jannie).
Oggi a Bergen - Belsen ci sono delle piccole colline verdi e ognuna ricopre una fossa comune. In quel punto, tra migliaia di donne, è stato gettato il corpo di Anne Frank. Di quella ragazzina che scrisse: "Odo sempre più forte l'avvicinarsi del rombo che ucciderà anche noi, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che torneranno l'ordine, la pace, la serenità."
"Il tifo era un problema gravissimo, specialmente per i bambini." Ha aggiunto Irma Sonnenberg Menkel "della mia baracca, su 500 bambini 100 si ammalarono di tifo. La maggior parte morirono. Quando Anne si ammalò di tifo, mi ricordo che le dissi che poteva rimanere nella baracca e che non sarebbe dovuta uscire per l'appello che, sotto il sole o sotto la pioggia, durava ore. Il cibo era un altro gravissimo problema, non c'era quasi niente da mangiare, niente. C'era l'acqua, ma verso la fine non ci fu più neanche quella. Una volta chiesi a un soldato un po' di farina per i bambini, pur di far mangiare loro qualcosa, e lui mi diede dei cereali. Anne mi chiese un po' di quei cereali, ma come potevo darglieli? Quei cereali erano per i bambini più piccoli, che comunque, alla fine, morirono lo stesso."
“L’ultima volta che ho visto Anne” ha raccontato Hannah “era debolissima e pelle e ossa. Quasi facemmo fatica a riconoscerci e parlarci.”
“A un certo punto, negli ultimi giorni, Anne stava davanti a me e non aveva più lacrime. Raccontò che le bestioline la facevano rabbrividire e che per questo aveva gettato via tutti i suoi abiti. Eravamo nel cuore dell’inverno… Radunai tutto quello che potevo trovare per darlo a lei, affinché fosse di nuovo vestita. E da mangiare neanche noi avevamo molto… ma ho cercato di dare qualcosa della nostra razione ad Anne.” (Jannie).
“Le ragazze Frank erano magrissime, avevano un aspetto terribile. Bisticciavano a causa della loro malattia… avevano i posti peggiori della baracca, giù vicino alla porta.” (Rachel)
Anne e Margot sono gravemente malate di tifo.
"Ho un vago ricordo di Anne mentre parla di suo padre. Era davvero una brava ragazzina, una bella persona. Lei mi diceva "Irma, sono molto malata?". Ed io replicavo "No, non lo sei". Anne voleva essere rassicurata. Quando scivolò nel coma, la presi tra le mie braccia. Non sapeva di essere così malata, non sapeva che stava morendo." (Irma Sonnenberg Menkel).
“Due giorni dopo, sono andata a dare un’occhiata alle ragazze. Margot era caduta dal tavolaccio sul pavimento di pietra, era morta. Il giorno seguente, morì Anne.” (Jannie).
Oggi a Bergen - Belsen ci sono delle piccole colline verdi e ognuna ricopre una fossa comune. In quel punto, tra migliaia di donne, è stato gettato il corpo di Anne Frank. Di quella ragazzina che scrisse: "Odo sempre più forte l'avvicinarsi del rombo che ucciderà anche noi, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che torneranno l'ordine, la pace, la serenità."
Lo sapevi che...?
All'interno della copertina del terzo quaderno manoscritto ritrovato, che usava come continuazione del suo diario, Anne aveva annotato in francese: "Soit gentil et tiens courage!" - Sii gentile e abbi coraggio.
Quasi un proposito per quanto l'attendeva negli ultimi sette mesi di vita.
All'interno della copertina del terzo quaderno manoscritto ritrovato, che usava come continuazione del suo diario, Anne aveva annotato in francese: "Soit gentil et tiens courage!" - Sii gentile e abbi coraggio.
Quasi un proposito per quanto l'attendeva negli ultimi sette mesi di vita.
Approfondimento - dichiarazione rilasciata da Lien Brilleslijper
:"Dopo aver ricevuto qualcosa da mangiare, trovammo in un rubinetto dell'acqua e riuscimmo a lavarci qualcosa, da Auschwitz non avevamo avuto più la possibilità di farlo. Ci avvolgemmo di nuovo nelle nostre coperte. Poi ci imbattemmo in due piccole figure spelacchiate, che sembravano due uccellini infreddoliti. Ci abbracciammo scoppiando a piangere. Erano Margot e Anne Frank. Chiedemmo della loro mamma, Anne disse: "E' finita in una selezione".
Poi, passando davanti a delle baracche, andammo tutte e quattro verso il piazzale dell'appello. Lì vedemmo alcuni tendoni che sembravano tende da circo. Ce ne assegnarono uno e ci sdraiammo sulla paglia. Ci stringemmo una all'altra sotto le coperte. I primi giorni trascorsero tranquilli, dormivamo molto. Poi cominciò a piovere. Non riuscivamo a riscaldarci neanche sotto le coperte. Per di più avevamo i pidocchi.
Poi ci mandarono a lavorare. Dovevamo staccare le suole delle scarpe vecchie. In cambio ci davano un po' di minestra e un pezzetto di pane. Ben presto le nostre mani cominciarono a sanguinare e a infettarsi. Anne e io fummo le prime a dover smettere. Jannie e Margot resistettero più a lungo.
Dopo qualche giorno scoppiarono violente tempeste invernali. Le tende non ressero e crollarono. Ci furono dei feriti. Ci spinsero dentro un capannone dove erano statu sistemati stracci, vecchie scarpe e altro. Anne chiese: "Perché vogliono farci vivere come bestie?" Jannie rispose: "Perché sono loro stessi bestie feroci".
Un giorno di dicembre ci dettero un pezzettino di formaggio e un po' di marmellata. Le SS e le sorveglianti si ritirarono a fare festa. Era Natale. Con Margot e Anne, le sorelle Daniel e noi due eravamo dunque tre coppie di sorelle. Quella sera volevamo celebrare a modo nostro San Nicola, Chanukkà e Natale. Jannie aveva conosciuto alcune ungheresi che lavoravano nella cucina delle SS. Grazie a loro ricevemmo due manciate di bucce di patate. Anne riuscì a grattugiare un pezzo di sedano. Le sorelle Daniel trovarono un po' di rape rosse. Io cantai e ballai per alcune sorveglianti e mi diedero un gruppetto di crauti. Avevamo messo da parte il nostro pane e con tutte quelle cose insieme facemmo delle piccole sorprese per gli altri. Arrostimmo le bucce di patate e intonammo dei canti olandesi e yiddish. Pensammo a quello che avremmo fatto una volta tornate a casa. "Faremo una festa, un pranzo da Dikker & Thys", uno dei ristoranti più cari di Amsterdam, propose Anne. Per un attimo fummo quasi felici.
Poi Jannie ed io fummo assegnate a un'altra baracca. Chiedemmo ad Anne e Margot di venire con noi. Ma Margot aveva una terribile diarrea e dovette restare nella vecchia baracca per il rischio di tifo. Anne la curò come meglio poteva. Nelle settimane successive andammo a trovarle e ogni tanto riuscivamo a portar loro qualcosa da mangiare.
Doveva essere marzo, tornammo a vederle quando la neve era ormai sciolta. Ma non erano più nella baracca. Le trovammo nell'infermeria del campo. Le scongiurammo di non restare lì, perché se si cedeva, la fine si faceva sempre più vicina. Anne disse: "Qui possiamo stare tutte e due su un unico tavolaccio, stiamo insieme e nessuno ci disturba". Margot riusciva appena a sussurrare. Aveva la febbre alta. Il giorno dopo andammo di nuovo a trovarle. Margot era caduta dal tavolaccio e viveva in uno stato di semincoscienza. Anche Anne aveva la febbre, era gentile e affettuosa. Disse: "Margot dormirà bene e se dorme non ho più bisogno di alzarmi".
Alcun giorni dopo trovammo il tavolaccio vuoto. Sapevamo cosa significava. Le scoprimmo dietro la baracca. Avvolgemmo i loro corpi smagriti in una coperta e li trasportammo in una fossa comune. Fu tutto ciò che ancora potemmo fare per loro".
Poi, passando davanti a delle baracche, andammo tutte e quattro verso il piazzale dell'appello. Lì vedemmo alcuni tendoni che sembravano tende da circo. Ce ne assegnarono uno e ci sdraiammo sulla paglia. Ci stringemmo una all'altra sotto le coperte. I primi giorni trascorsero tranquilli, dormivamo molto. Poi cominciò a piovere. Non riuscivamo a riscaldarci neanche sotto le coperte. Per di più avevamo i pidocchi.
Poi ci mandarono a lavorare. Dovevamo staccare le suole delle scarpe vecchie. In cambio ci davano un po' di minestra e un pezzetto di pane. Ben presto le nostre mani cominciarono a sanguinare e a infettarsi. Anne e io fummo le prime a dover smettere. Jannie e Margot resistettero più a lungo.
Dopo qualche giorno scoppiarono violente tempeste invernali. Le tende non ressero e crollarono. Ci furono dei feriti. Ci spinsero dentro un capannone dove erano statu sistemati stracci, vecchie scarpe e altro. Anne chiese: "Perché vogliono farci vivere come bestie?" Jannie rispose: "Perché sono loro stessi bestie feroci".
Un giorno di dicembre ci dettero un pezzettino di formaggio e un po' di marmellata. Le SS e le sorveglianti si ritirarono a fare festa. Era Natale. Con Margot e Anne, le sorelle Daniel e noi due eravamo dunque tre coppie di sorelle. Quella sera volevamo celebrare a modo nostro San Nicola, Chanukkà e Natale. Jannie aveva conosciuto alcune ungheresi che lavoravano nella cucina delle SS. Grazie a loro ricevemmo due manciate di bucce di patate. Anne riuscì a grattugiare un pezzo di sedano. Le sorelle Daniel trovarono un po' di rape rosse. Io cantai e ballai per alcune sorveglianti e mi diedero un gruppetto di crauti. Avevamo messo da parte il nostro pane e con tutte quelle cose insieme facemmo delle piccole sorprese per gli altri. Arrostimmo le bucce di patate e intonammo dei canti olandesi e yiddish. Pensammo a quello che avremmo fatto una volta tornate a casa. "Faremo una festa, un pranzo da Dikker & Thys", uno dei ristoranti più cari di Amsterdam, propose Anne. Per un attimo fummo quasi felici.
Poi Jannie ed io fummo assegnate a un'altra baracca. Chiedemmo ad Anne e Margot di venire con noi. Ma Margot aveva una terribile diarrea e dovette restare nella vecchia baracca per il rischio di tifo. Anne la curò come meglio poteva. Nelle settimane successive andammo a trovarle e ogni tanto riuscivamo a portar loro qualcosa da mangiare.
Doveva essere marzo, tornammo a vederle quando la neve era ormai sciolta. Ma non erano più nella baracca. Le trovammo nell'infermeria del campo. Le scongiurammo di non restare lì, perché se si cedeva, la fine si faceva sempre più vicina. Anne disse: "Qui possiamo stare tutte e due su un unico tavolaccio, stiamo insieme e nessuno ci disturba". Margot riusciva appena a sussurrare. Aveva la febbre alta. Il giorno dopo andammo di nuovo a trovarle. Margot era caduta dal tavolaccio e viveva in uno stato di semincoscienza. Anche Anne aveva la febbre, era gentile e affettuosa. Disse: "Margot dormirà bene e se dorme non ho più bisogno di alzarmi".
Alcun giorni dopo trovammo il tavolaccio vuoto. Sapevamo cosa significava. Le scoprimmo dietro la baracca. Avvolgemmo i loro corpi smagriti in una coperta e li trasportammo in una fossa comune. Fu tutto ciò che ancora potemmo fare per loro".
Lien Brilleslijper:
Insieme alla sorella Jannie, Lien fu deportata prima nel campo di concentramento di Auschwitz e successivamente a Bergen - Belsen, dove fu liberata dalle truppe inglesi. Sia lei sa la sorella Jannie, al contrario di Anne e Margot, sopravvissero alla Shoah.
Insieme alla sorella Jannie, Lien fu deportata prima nel campo di concentramento di Auschwitz e successivamente a Bergen - Belsen, dove fu liberata dalle truppe inglesi. Sia lei sa la sorella Jannie, al contrario di Anne e Margot, sopravvissero alla Shoah.
Fonti dell'approfondimento: I FRANK - La storia della famiglia di Anna Frank, di Mirjam Pressler. Einaudi.