Un ponte per anne frank
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È il mattino dell’8 agosto 1944 quando Otto, Edith, Anne, Margot, Hermann e Auguste van Pels, il figlio Peter e Fritz Pfeffer, sono costretti a uscire dalle loro celle per essere scortati alla stazione centrale di Amsterdam. Anne e Margot hanno degli zaini sulle spalle e ad attendere i prigionieri c’è un normale treno passeggeri.

Una volta saliti, gli 8 ex clandestini si siedono in un vagone del treno, increduli della comodità. Vengono chiusi a chiave nel vagone, ma non importa a nessuno di loro. Il treno parte e oltre al finestrino cominciano a rincorrersi numerosi paesaggi, comincia a scorrere il mondo. Anne non stacca gli occhi da quella vista. Fuori è piena estate, il sole brilla e, dopo due anni rinchiusa nell’Alloggio segreto, non riesce a smettere di ammirare tutto quello che finalmente può vedere. I prati e i campi di grano falciati, i fili del telefono che ondeggiano davanti ai vetri...


“Tutto quello per noi rappresentava la libertà.” Ha raccontato successivamente Otto.
Dopo un paio d’ore il treno raggiunge Westerbork, presso la località di Hooghalen, nel nord-est dell’Olanda. Il campo di Westebork, nel 1942, dopo la conquista dei Paesi Bassi da parte della Wehrmacht tedesca, era stato trasformato in campo di concentramento e transito per ebrei.


"Anne sembrava un fiore, pur pallida com'era; e aveva un volto così espressivo, così maturo e ricco di vita..." Ha raccontato la signora De Wiek, deportata a Westerbork circa un mese prima dei Frank.
Anne e gli altri detenuti vengono registrati e assegnati alla baracca S, la baracca punitiva, riservata ai prigionieri che si sono nascosti al posto di presentarsi volontariamente.


"Nella baracca S incontrai la famiglia Frank." Ha raccontato successivamente Rachel Van Amerongen - Frankfoorder "Otto Frank venne da me con Anne e chiese se Anne non potesse aiutarmi - il servizio interno era molto ambito - Anne era molto gentile e disse:
- "So fare tutto, sono pratica di tutto."
Era davvero molto cara, un po' più grande di quanto appaia sulle fotografie che conosciamo di lei, allegra e di buon umore. Purtroppo non potevo prendere delle decisioni e le dissi di rivolgersi alla direzione della baracca. Credo che lei, dopo un paio di giorni, sia capitata assieme alla madre e alla sorella nel reparto batterie."

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Per uomini e donne vi sono baracche separate. Di giorno gli internati sono obbligati a lavorare e Anne, Margot, Edith e Auguste, assieme ad altre deportate, sono costrette a smontare delle pile elettriche. Si tratta di un lavoro sporco e malsano, che consiste nell’aprire le pile con uno scalpello e un martello e gettare la pece in un cesto e la barretta di carbone in un altro. Poi devono staccare il rivestimento metallico con un cacciavite, che è destinato a un terzo cesto.
A causa delle sostanze chimiche che si liberano, le prigioniere si ritrovano a tossire sempre di più.
Nonostante questo, però, hanno la possibilità di parlare, e ciò dà loro la forza necessaria per andare avanti.


Le prigioniere indossano gli zoccoli e delle tute blu, perché sono un caso penale, dopo un passato da rifugiato clandestino. Il cibo è scarso, la sveglia è alle 5 del mattino e le giornate lavorative durano in media 8 - 10 ore al giorno.
Non appena può, Anne trascorre gran parte del tempo con la sua famiglia, e forse anche con Peter. Tutti cercano di tirare avanti.
"A Westerbork conoscemmo presto un gran numero di persone." Ha testimoniato successivamente Lenie de Jong - Van Naarden " Parlai con le ragazze Frank: Anne soprattutto era carina. Ti si spezzava il cuore, perché erano ancora così giovani e non si poteva fare niente per tenerle fuori da tutto. Quelle ragazze si aspettavano ancora tanto dalla vita."
Lenie, ha anche affermato di aver letto negli occhi di Anne e nelle sue parole la speranza per l'avvenire.
In molti, giornalmente, allontanano la paura, ma per i Frank sabato 2 settembre 1944 le cose cambiano drasticamente.

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Da Westerbork partono regolarmente treni diretti verso i campi di concentramento dell’est. I soldati leggono i nomi dei prigionieri che dovranno partire il giorno dopo. Tra i 1019 nomi elencati, ci sono anche quelli degli ex inquilini dell’Alloggio segreto.

La mattina del giorno seguente ad aspettare i deportarti stavolta non vi è un treno passeggeri, ma un treno merci. I prigionieri sono costretti a salire e in ogni carro vengono stipate oltre 70 persone.
Si tratta di bambini, donne, uomini, fratelli, sorelle, anziani, giovani, vecchi, malati…

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I Frank riescono a rimanere insieme. Il viaggio dura tre lunghi giorni e più le ore passano più la stanchezza diventa pesante. In ogni carro c’è un secchio che funge da WC e in breve tempo il tanfo è fortissimo.
Molti prigionieri cominciarono a morire, qualcuno sviene e i bambini non riescono a smettere di piangere.

I prigionieri si appoggiano l’uno all’altro e Anne e Margot dormono appoggiate al padre o alla madre.
Per sfuggire al forte tanfo qualche deportato si avvicina a delle grandi fessure o a due griglie a maglie fitte presenti nel carro. In un primo momento il forte odore sembra andare via, ma presto la corrente forte che entra da quei punti comincia a far ammalare i prigionieri.

Il treno merci non si ferma, facendo oscillare il carro. Delle volte avanza rapidamente sui binari, altre volte lentamente.
La terza notte il treno si ferma improvvisamente. Sono le due, e siamo nel cuore della notte.


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“Aussteigen, schnell, schneller!” (scendete, veloci, più veloci), urlano degli uomini vestiti con delle casacche a righe. Questi uomini sono degli internati e hanno il compito di prelevare dai treni i nuovi arrivati.
I deportati sono costretti a scendere dal treno merci e a lasciarvi sopra i loro bagagli.

Il binario è illuminato da fortissimi riflettori e i prigionieri si ritrovano raggruppati su una banchina. Davanti a loro delle SS camminano avanti e indietro, tenendo in mano delle fruste e portando al guinzaglio dei cani inferociti.

La tensione sale e i prigionieri si guardano intorno con aria spersa e impaurita. Sono arrivati al campo di concentramento di Auschwitz, in Polonia, ma durante la Seconda Guerra Mondiale Auschwitz non aveva il  terribile significato che ha oggi.

Le SS decidono quali detenuti vanno uccisi immediatamente e quali no.


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Ordinano agli uomini di raggrupparsi da un lato e alle donne di raggrupparsi dall’altro.

Questa è l’ultima volta che Otto vede sua moglie e le figlie.

“Non dimenticherò mai lo sguardo terrorizzato di Margot.” Ha raccontato Otto anni dopo.

I medici delle SS selezionano i detenuti.


I bambini, i vecchi e i malati vengono mandati nelle camera a gas.

Gli altri alle baracche.

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Gli 8 ex clandestini vengono mandati alle baracche, luoghi piccoli e sporchi, nei quali dormiranno su dei pagliericci. Gli uomini vengono portati nel campo principale Auschwitz I, situato 1 km e mezzo dopo, mentre le donne vengono internate ad Auschwitz – Birkenau (Auschwitz II).

La brutalità delle SS è disumana e Anne, Margot, Edith e Auguste, insieme ad altre prigioniere, sono costrette a separarsi da ogni loro avere, inclusi i vestiti. Vengono rasate e poi sono costrette a indossare una casacca a strisce. Poco dopo un numero di riconoscimento viene tatuato sul loro braccio.


"La famiglia Frank, la madre e le due figlie, e anche la signora Van Pels, erano un'unità, erano automaticamente un gruppo. Questo non significa solo che avevano una cura dell'altra, ma anche che soffrivano insieme." (Lenie de Jong - Van Naarden.)

Edith e le figlie sono assegnate alla stessa baracca, la numero 29, mentre Auguste van Pels finisce in un’altra sezione del campo, separandosi da loro.

"Eravamo tutte e cinque nella baracca: mia figlia Judy ed io, la signora Frank e le due figlie." Ha raccontato anni dopo la signora de Wiek "Anne non sapeva più ridere, ma ri­mase vivace e cara sinché la portarono via. Non poteva dirsi bella, no: e chi lo era? Ci avevano tagliati i capelli a zero, ne avevano bisogno per le guarnizioni dei tubi, dicevano; e non avevamo altri abiti che un sacco grigio. Ma un giorno Anne arrivò con le gambe coperte da lunghe mutande di lana, da uo­mo; sa il cielo dove le avesse trovate; ed era tanto buffa e cara. Sapeva cavarsela, nel campo. Avevamo sempre tanta sete, una sete orrenda, tanto che quando c'era l'appello e pioveva o nevi­cava tenevamo la lingua protesa per bagnarla: ebbene, Anne riusciva ogni tanto a procurarsi una tazza d'acqua; e la condivide­va tutta con noi. E continuava a guardarsi intorno, a interes­sarsi di quanto accadeva, quando a noi, ormai, tutto riusciva indifferente. Quando ci passò davanti una torma di zingare nu­de, avviate al crematorio, che cosa ce ne importava?, pure An­ne trovò la forza di piangere. E quando, di ritorno dal lavoro, passammo accanto ai bambini ungheresi che aspettavano sot­to la pioggia il loro turno per andare a morire nelle camere a gas, Anne mi toccò e mi disse: "Guarda, guarda i loro occhi". Piangeva. E da tanto tempo noi avevamo finito le lacrime..."

Otto, Fritz, Hermann e Peter riescono a rimanere tutti insieme. Quest’ultimo è il più fortunato fra tutti, perché viene assegnato all’ufficio postale. Il suo lavoro gli permette di racimolare delle volte qualcosa in più da mangiare. Otto, Fritz e Hermann invece sono obbligati a compiere un duro lavoro; scavare fossati.

Il freddo ad Auschwitz/Auschwitz - Birkenau è in grado di tagliare la pelle e lentamente i prigionieri cominciano a sentirsi sempre più stanchi e ad ammalarsi. Sono costretti a lavorare quasi tutto il giorno ( ad esempio trasportando pesanti pietre), a rimanere in piedi, fermi, durante i lunghi appelli, circondati da un lungo reticolato di filo spinato. Il cibo che viene loro consegnato è insufficiente e la rabbia delle SS si fa sempre più pesante. Molti prigionieri vengono mandati alle camere a gas.
Nessuno di loro sa che cosa aspettarsi dal domani. Se ci sarà, un domani.


"La signora Frank, nel periodo in cui eravamo ad Auschwitz, fece del suo meglio per tenere in vita le sue figlie, per rimanere con loro e proteggerle. Naturalmente ci siamo parlate, ma non potevi fare proprio niente, soltanto dire: se vanno alla latrina accompagnale. Perché persino sulla strada che portava dalla baracca alla latrina poteva succedere qualcosa." (Lenie de Jong - Van Nardeen).

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Poi, un giorno, Anne prende la scabbia. Poco tempo dopo anche Margot si ammala.

"Sì, le ragazze Frank avevano un brutto aspetto, con le macchie e le vescicole della scabbia, naturalmente, dappertutto, sulle mani e sulla pelle, e lì sopra ci mettevano un po' di pomata, ma per il resto si poteva fare ben poco." Ha testimoniato Ronnie Goldstein - Van Cleef.

A causa del loro stato di salute, Anne e Margot vengono trasferite al Kratzeblok (blocco riservato agli scabbiosi). Edith riesce ad andare con loro.

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Nell’inverno del 1944 L'Armata Rossa si avvicina, annunciando l'imminente fine del dominio nazista. Il 2 novembre Himmler comunica in un telegramma l'ordine di sospendere le esecuzioni nelle camere a gas e di cancellare le tracce del genocidio.  I nazisti decidono di deportare in altri campi di concentramento gli internati che sono ancora abili al lavoro. Comincia così una nuova selezione, alla quale sono costrette a presenziare anche Anne, Margot, Edith e Auguste.

Edith e Auguste non passano la selezione e devono rimanere ad Auschwitz – Birkenau.
Poi è il turno di Anne e Margot.
“ Infine arrivò il turno delle due ragazze…” ha raccontato in una testimonianza Rosa de Winter-Levy “ Eccole là in piedi per un attimo, nude e rasate a zero. Anne ci guardò dritto negli occhi con il suo viso puro e poi scomparvero. Non potemmo vedere ciò che avveniva dietro i riflettori. La signora Frank gridò: “Le mie bambine! Dio mio…”.
Anne e Margot superano la selezione e vengono stipate su un treno affollatissimo.
Saranno deportate nel campo di concentramento di Bergen – Belsen.


Lo sapevi che...?
Nei campi di concentramento e sterminio, come quello di Auschwitz, non venivano internati solo gli ebrei. Ad esempio anche gli zingari, gli omosessuali, i testimoni di Geova, i prigionieri di guerra sovietici, i disabili e i religiosi cristiani in seguito a repressioni naziste venivano rinchiusi dietro il filo spinato. Ogni prigioniero aveva un triangolo di stoffa cucito sulla casacca in segno di riconoscimento.

Gli ebrei indossavano sulla casacca a strisce una stella di David di colore giallo. Dalla metà del 1944 gli ebrei furono contrassegnati come le altre categorie ma con l'opposizione sopra il distintivo triangolare di un rettangolo di stoffa giallo.

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