Grazie
per aver accettato di rilasciare quest’intervista, Drew, è un vero piacere
averti qui con noi. Sei il direttore dell’Anne Frank Project, un professore di
recitazione e ti occupi anche di dirigere le varie produzioni teatrali.
Raccontaci qualcos’altro…
Per prima cosa, sono un marito e un padre… questo è ciò che mi rende più orgoglioso. La mia famiglia, per me, è una fonte di gioia, e sono fortunato ad avere il loro supporto anche per quanto riguarda l’Anne Frank Project. Lavorare come insegnante di teatro, e battersi per la giustizia, porta via gran parte del mio tempo e devo stare molto attento a bilanciare bene i miei impegni lavorativi con la mia famiglia. Lottare per un mondo migliore è molto impegnativo, ma anche soddisfacente. Spesso i miei allievi si sentono quasi inutili, e non sanno che cosa fare di effettivo per cancellare le ingiustizie che ci circondano, ed io m’impegno non solo supportandoli, ma anche mostrando loro che è importante bilanciare le cose. Credo che avendo un esempio davanti per loro sia più semplice mettere in pratica i miei consigli.
La mia famiglia è ebrea e sono cresciuto con i forti valori del Tikkun Olam, che sin da bambino mi hanno insegnato a “riparare il nostro mondo”, e sarò sempre fedele a quest’insegnamento. Sono cresciuto a Los Angeles, in una famiglia molto povera e proprio grazie a quella povertà ho imparato a essere intraprendente. Adesso, credo che proprio per quella mancanza di soldi e per la nostra lotta per arrivare a fine mese, mi sento così vicino ai più bisognosi.
Ho studiato presso la San Diego State University, dove mi sono laureato, tra le altre cose, anche in recitazione. All’inizio non ero molto appassionato di teatro, ma tutto è cambiato quando mi sono ferito a un ginocchio, ho dovuto abbandonare la mia passione per il canottaggio e mettere da parte i remi e trovare qualcos’altro da fare. Il teatro sembrava una scelta perfetta, e mi colpì molto come gli spettacoli teatrali fossero in grado d’influenzare il cuore delle persone. Ho studiato con i migliori insegnanti di recitazione, e sarò sempre in debito con loro.
Per prima cosa, sono un marito e un padre… questo è ciò che mi rende più orgoglioso. La mia famiglia, per me, è una fonte di gioia, e sono fortunato ad avere il loro supporto anche per quanto riguarda l’Anne Frank Project. Lavorare come insegnante di teatro, e battersi per la giustizia, porta via gran parte del mio tempo e devo stare molto attento a bilanciare bene i miei impegni lavorativi con la mia famiglia. Lottare per un mondo migliore è molto impegnativo, ma anche soddisfacente. Spesso i miei allievi si sentono quasi inutili, e non sanno che cosa fare di effettivo per cancellare le ingiustizie che ci circondano, ed io m’impegno non solo supportandoli, ma anche mostrando loro che è importante bilanciare le cose. Credo che avendo un esempio davanti per loro sia più semplice mettere in pratica i miei consigli.
La mia famiglia è ebrea e sono cresciuto con i forti valori del Tikkun Olam, che sin da bambino mi hanno insegnato a “riparare il nostro mondo”, e sarò sempre fedele a quest’insegnamento. Sono cresciuto a Los Angeles, in una famiglia molto povera e proprio grazie a quella povertà ho imparato a essere intraprendente. Adesso, credo che proprio per quella mancanza di soldi e per la nostra lotta per arrivare a fine mese, mi sento così vicino ai più bisognosi.
Ho studiato presso la San Diego State University, dove mi sono laureato, tra le altre cose, anche in recitazione. All’inizio non ero molto appassionato di teatro, ma tutto è cambiato quando mi sono ferito a un ginocchio, ho dovuto abbandonare la mia passione per il canottaggio e mettere da parte i remi e trovare qualcos’altro da fare. Il teatro sembrava una scelta perfetta, e mi colpì molto come gli spettacoli teatrali fossero in grado d’influenzare il cuore delle persone. Ho studiato con i migliori insegnanti di recitazione, e sarò sempre in debito con loro.
Il sito dell’Anne Frank Project include una
frase estratta dal Diario di Anne Frank: “Che bello il fatto che nessuno debba aspettare un
momento particolare per iniziare a migliorare il mondo.” Penso che queste parole rappresentino la
verità. La missione dell’Anne Frank Project è quella di quella d'incoraggiare
le comunità a utilizzare i messaggi e la saggezza di Anne Frank come punto
di partenza per esaminare il genocidio, l'intolleranza, il fanatismo e il
razzismo, e come mezzo per trovare delle soluzioni per migliorare il nostro
mondo e i rapporti umani. Credo che quello che state facendo sia molto
importante, e in grado d’ispirare chiunque. Puoi parlarci delle iniziative dell’Anne
Frank Project?
Come sai non avrei mai creduto d’iniziare, dopo l o spettacolo che abbiamo prodotto nel 2006, un “viaggio” umanitario. Adesso, otto anni dopo, ci siamo completamente adattati alle esigenze del nostro pubblico, ed è molto importante. Tutte le nostre iniziative hanno come base il teatro, l’importanza di comunicare con il pubblico e, principalmente, di ascoltarlo. Credo che questa sia una lezione universale; ascoltiamo il prossimo, mettiamo da parte il nostro ego e cominciamo a pensare come a un “noi” al posto che solo come a un “io”.
Abbiamo iniziative sia locali sia nazionali, e un aspetto molto importante è quello d’incoraggiare i partecipanti a raccontare le loro storie. E’ fondamentale distinguersi dalla massa, raccontare le proprie storie, esprimere le proprie opinioni e far valere le proprie idee, sia quando parliamo davanti a una persona sia davanti a una folla di mille. Spesso quando una persona, in ogni parte del mondo, racconta la sua storia e lotta per i propri ideali, succede qualcosa di meraviglioso, in grado d’ispirare il prossimo.
Basta pensare ad Anne Frank, lei ha ispirato milioni di persone, proprio perché decise di raccontare la sua storia. E se invece avesse deciso di tacere i suoi pensieri? Quante “Anne Frank” nel corso della guerra e dei genocidi hanno taciuto le loro storie? Spetta a noi, adesso, incoraggiare i giovani a raccontare le loro storie, a far valere i loro diritti, in nome di Anne Frank e in nome di tutti quei bambini vittime di atrocità.
Come sai non avrei mai creduto d’iniziare, dopo l o spettacolo che abbiamo prodotto nel 2006, un “viaggio” umanitario. Adesso, otto anni dopo, ci siamo completamente adattati alle esigenze del nostro pubblico, ed è molto importante. Tutte le nostre iniziative hanno come base il teatro, l’importanza di comunicare con il pubblico e, principalmente, di ascoltarlo. Credo che questa sia una lezione universale; ascoltiamo il prossimo, mettiamo da parte il nostro ego e cominciamo a pensare come a un “noi” al posto che solo come a un “io”.
Abbiamo iniziative sia locali sia nazionali, e un aspetto molto importante è quello d’incoraggiare i partecipanti a raccontare le loro storie. E’ fondamentale distinguersi dalla massa, raccontare le proprie storie, esprimere le proprie opinioni e far valere le proprie idee, sia quando parliamo davanti a una persona sia davanti a una folla di mille. Spesso quando una persona, in ogni parte del mondo, racconta la sua storia e lotta per i propri ideali, succede qualcosa di meraviglioso, in grado d’ispirare il prossimo.
Basta pensare ad Anne Frank, lei ha ispirato milioni di persone, proprio perché decise di raccontare la sua storia. E se invece avesse deciso di tacere i suoi pensieri? Quante “Anne Frank” nel corso della guerra e dei genocidi hanno taciuto le loro storie? Spetta a noi, adesso, incoraggiare i giovani a raccontare le loro storie, a far valere i loro diritti, in nome di Anne Frank e in nome di tutti quei bambini vittime di atrocità.
Nell’autunno
del 2006 la classe di teatro del college di Buffalo in cui lavori ha prodotto
lo spettacolo Il Diario di Anne Frank, aggiungendo qualcosa di molto importante
e intenso. Desiderosi di portare in scena qualcosa di nuovo e fresco,
differente dal classico spettacolo, avete deciso d’inserire il genocidio del Ruanda
nella storia di Anne Frank, ambientata durante la Shoah. Avete fatto un casting
e selezionato due “Anne”, una ebrea che si nascondeva dai nazisti e l’altra
Tutsi, che si nascondeva dagli estremisti Hutu. Come ha reagito il pubblico?
Come ho accennato prima, non avevamo previsto il successo di questo spettacolo. Fortunatamente però il nostro corpo studentesco è estremamente vario e siamo stati tentati dal metterci in gioco e dal produrre qualcosa di diverso. È stato molto importante per noi affrontare anche il tema del genocidio del Ruanda, avvenuto nel 1994, anche perché ha abbassato un po’ i riflettori da Anne Frank, mostrandocela non come una celebrità ma ricordandola come una ragazzina comune. Inoltre, parlare del genocidio del Ruanda ci ha anche fatto chiedere se anche quella volta, in quell’atrocità, ci fosse un’Anne Frank. Anne Frank ha raccontato la sua storia, ma è chiaro che le sue parole sono la voce di tutte le vittime di atrocità, in particolare dei bambini.
Una volta chiuso il sipario, abbiamo capito che questa era la direzione che volevamo seguire, perché credevamo molto nei messaggi del nostro spettacolo. Esso, dunque, è stata la scintilla che ci ha portato ad essere quelli che siamo oggi, la fiamma di quella scintilla l’hanno maturata tutti gli studenti del corso di recitazione, grazie alla loro passione, che credono nell’istruzione e nel voler cambiare positivamente il mondo.
Avresti mai creduto possibile grazie a uno spettacolo, in questo caso Il Diario di Anne Frank, iniziare un percorso di educazione sociale, incentrato verso il cambiamento sociale?
No, per me è stata una bellissima sorpresa, e sono molto grato per quello che è successo. E’ molto importante che ognuno di noi, qui al campus, crede al 100% in quello che facciamo. E’ una cosa molto rara, qui negli Stati Uniti, che un’intera amministrazione decida di finanziare progetti come il nostro, l’Anne Frank Project. Quindi, siamo molto fortunati. Vogliamo davvero incoraggiare i giovani a migliorare il nostro mondo e l’Anne Frank Project collabora direttamente con tutti gli uffici e i dipartimenti del nostro campus. Impegnarsi così tanto nel sociale, ed educare i giovani a rispettare il prossimo e a non avere paura delle diversità è molto gratificante.
Puoi dirci qualcosa in più sulla conferenza che ogni anno organizzate nel mese di settembre?
Certo. Il presidente della nostra università ha insistito affinché continuassimo a parlare, ogni anno, degli importanti messaggi di Anne Frank: perdono, pace, l’importanza di essere una comunità, di essere uniti…. Inoltre, un membro molto importante dell’Anne Frank Project, Sophia (suona familiare?) voleva che continuassimo a promuovere tali ideali. Sophia è nata ad Amsterdam e ha preso parte alla Seconda Guerra Mondiale. Aveva la stessa età di Anne Frank allora, è ebrea, e ha la sua stessa sete di giustizia. Come molti altri genitori ebrei, anche quelli di Sophia furono costretti a mandarla va durante la guerra. Sophia è stata costretta a nascondersi in numerosi rifugi per fuggire alla “soluzione finale”. I genitori di Sophia potevano nascondere la figlia perché avevano molti soldi, dato che non tutti potevano permettersi questo lusso. Dopo quindici cambi di nascondigli, però, Sophia è stata scoperta ed è stata internata in un campo di concentramento fino alla fine della guerra. Fortunatamente è sopravvissuta e dopo numerose vicissitudini è venuta a Buffalo, New York. Sophia è una persona meravigliosa e i suoi racconti come sopravvissuta sono molto toccanti, così come la sua forza, la speranza che nutre verso il futuro e che vuole condividere con il mondo. È un membro molto attivo dell’Holocaust Resource Center della nostra zona dove lei (insieme ad altri sopravvissuti all’Olocausto) organizza eventi e incontri nelle scuole.
Nel 2006 ho chiesto a Sophia di venire a vedere le prove del nostro spettacolo Il Diario di Anne Frank, così anche da poter parlare ai vari studenti e raccontare loro le sue esperienze. Lei accettò e non ci ha più lasciati, adesso è attivissima con i nostri progetti. Sophia ha così tante similitudini con Anne Frank ed è meraviglioso, e anche i nostri studenti lo hanno notato. Dunque, è stata lei a suggerirci di fare qualcosa per continuare a promuovere gli ideali di Anne Frank. E così è nata l’idea della conferenza!
Personalmente, chiesi ai miei colleghi e agli altri insegnanti di fare delle lezioni basandosi sulla frase di Anne Frank “Che bello il fatto che nessuno debba aspettare un momento particolare per iniziare a migliorare il mondo.” Tutto questo ha soddisfatto molto i vari studenti, che grazie a questi messaggi hanno imparato molto. Da sei anni, ogni settembre organizziamo la conferenza, dove si riuniscono persone da tutto il mondo – educatori, insegnanti… - che credono negli stessi ideali e che si rivolgono agli studenti, che sono il nostro futuro. Ogni anno partecipano circa 4000 persone. È davvero meraviglioso.
Come ho accennato prima, non avevamo previsto il successo di questo spettacolo. Fortunatamente però il nostro corpo studentesco è estremamente vario e siamo stati tentati dal metterci in gioco e dal produrre qualcosa di diverso. È stato molto importante per noi affrontare anche il tema del genocidio del Ruanda, avvenuto nel 1994, anche perché ha abbassato un po’ i riflettori da Anne Frank, mostrandocela non come una celebrità ma ricordandola come una ragazzina comune. Inoltre, parlare del genocidio del Ruanda ci ha anche fatto chiedere se anche quella volta, in quell’atrocità, ci fosse un’Anne Frank. Anne Frank ha raccontato la sua storia, ma è chiaro che le sue parole sono la voce di tutte le vittime di atrocità, in particolare dei bambini.
Una volta chiuso il sipario, abbiamo capito che questa era la direzione che volevamo seguire, perché credevamo molto nei messaggi del nostro spettacolo. Esso, dunque, è stata la scintilla che ci ha portato ad essere quelli che siamo oggi, la fiamma di quella scintilla l’hanno maturata tutti gli studenti del corso di recitazione, grazie alla loro passione, che credono nell’istruzione e nel voler cambiare positivamente il mondo.
Avresti mai creduto possibile grazie a uno spettacolo, in questo caso Il Diario di Anne Frank, iniziare un percorso di educazione sociale, incentrato verso il cambiamento sociale?
No, per me è stata una bellissima sorpresa, e sono molto grato per quello che è successo. E’ molto importante che ognuno di noi, qui al campus, crede al 100% in quello che facciamo. E’ una cosa molto rara, qui negli Stati Uniti, che un’intera amministrazione decida di finanziare progetti come il nostro, l’Anne Frank Project. Quindi, siamo molto fortunati. Vogliamo davvero incoraggiare i giovani a migliorare il nostro mondo e l’Anne Frank Project collabora direttamente con tutti gli uffici e i dipartimenti del nostro campus. Impegnarsi così tanto nel sociale, ed educare i giovani a rispettare il prossimo e a non avere paura delle diversità è molto gratificante.
Puoi dirci qualcosa in più sulla conferenza che ogni anno organizzate nel mese di settembre?
Certo. Il presidente della nostra università ha insistito affinché continuassimo a parlare, ogni anno, degli importanti messaggi di Anne Frank: perdono, pace, l’importanza di essere una comunità, di essere uniti…. Inoltre, un membro molto importante dell’Anne Frank Project, Sophia (suona familiare?) voleva che continuassimo a promuovere tali ideali. Sophia è nata ad Amsterdam e ha preso parte alla Seconda Guerra Mondiale. Aveva la stessa età di Anne Frank allora, è ebrea, e ha la sua stessa sete di giustizia. Come molti altri genitori ebrei, anche quelli di Sophia furono costretti a mandarla va durante la guerra. Sophia è stata costretta a nascondersi in numerosi rifugi per fuggire alla “soluzione finale”. I genitori di Sophia potevano nascondere la figlia perché avevano molti soldi, dato che non tutti potevano permettersi questo lusso. Dopo quindici cambi di nascondigli, però, Sophia è stata scoperta ed è stata internata in un campo di concentramento fino alla fine della guerra. Fortunatamente è sopravvissuta e dopo numerose vicissitudini è venuta a Buffalo, New York. Sophia è una persona meravigliosa e i suoi racconti come sopravvissuta sono molto toccanti, così come la sua forza, la speranza che nutre verso il futuro e che vuole condividere con il mondo. È un membro molto attivo dell’Holocaust Resource Center della nostra zona dove lei (insieme ad altri sopravvissuti all’Olocausto) organizza eventi e incontri nelle scuole.
Nel 2006 ho chiesto a Sophia di venire a vedere le prove del nostro spettacolo Il Diario di Anne Frank, così anche da poter parlare ai vari studenti e raccontare loro le sue esperienze. Lei accettò e non ci ha più lasciati, adesso è attivissima con i nostri progetti. Sophia ha così tante similitudini con Anne Frank ed è meraviglioso, e anche i nostri studenti lo hanno notato. Dunque, è stata lei a suggerirci di fare qualcosa per continuare a promuovere gli ideali di Anne Frank. E così è nata l’idea della conferenza!
Personalmente, chiesi ai miei colleghi e agli altri insegnanti di fare delle lezioni basandosi sulla frase di Anne Frank “Che bello il fatto che nessuno debba aspettare un momento particolare per iniziare a migliorare il mondo.” Tutto questo ha soddisfatto molto i vari studenti, che grazie a questi messaggi hanno imparato molto. Da sei anni, ogni settembre organizziamo la conferenza, dove si riuniscono persone da tutto il mondo – educatori, insegnanti… - che credono negli stessi ideali e che si rivolgono agli studenti, che sono il nostro futuro. Ogni anno partecipano circa 4000 persone. È davvero meraviglioso.
Quali
sono i vostri prossimi progetti con gli studenti del corso di teatro?
Adesso le cose sono un po’ cambiate e ogni spettacolo che produciamo è originale e ideato dai nostri studenti, ma gli impegni che abbiamo sono numerosi:
Gennaio: portiamo un primo gruppo di studenti in Ruanda per 2-3 settimane. Laggiù mostriamo loro una nuova realtà, andiamo a visitare i monumenti, dopo il genocidio, scuole, villaggi, campi profughi, riserve naturali… inoltre, collaboriamo con degli attori del Ruanda con i quali organizziamo sempre un piccolo spettacolo, che va in scena prima della nostra partenza.
Febbraio - Maggio: sviluppiamo lo spettacolo che abbiamo ideato in Ruanda per portarlo in scena anche nel nostro campus.
Settembre – Dicembre: visitiamo numerose scuole frequentate da giovani studenti, che si approcciano al teatro grazie a giochi divertenti e stimolanti.
L’Anne Frank Project ha numerose missioni e ognuna di esse è decisamente importante. Decidendo di aiutarvi, i donatori possono dare una mano ai progetti dell’Anne Frank Project con base in Ruanda; i donatori possono aiutare a mandare un bambino a scuola, a fornire elettricità oppure possono aumentare la distribuzione delle vacche (in Ruanda le vacche permettono alle famiglie di nutrire i loro figli, fertilizzare i terreni…)
Oppure, i donatori possono sostenere i progetti dell’Anne Frank Project con sede negli Stati Uniti: in questo modo, i sostenitori permettono agli insegnanti di poter avere nelle scuole i vostri programmi gratuitamente, oppure possono aiutarvi a portare gli studenti in Ruanda per uno scambio culturale. Possono sostenervi persone da tutto il mondo?
Assolutamente! Siamo sempre onorati quando riceviamo delle donazioni. Il SUNY ci aiuta per quanto riguarda i costi per la conferenza che organizziamo ogni anno, ma per portare avanti gli altri progetti, abbiamo sempre bisogno di donazioni. E le donazioni che riceviamo vengono utilizzate al 100% per i nostri progetti. Per chi fosse interessato a saperne di più, può scrivermi un’e-mail a: [email protected]
Siamo profondamente grati nei confronti di tutti coloro che decidono di darci una mano. Vogliamo impegnarci al nostro meglio per permettere ai bambini, come Anne Frank, di poter raccontare le loro storie.
Adesso le cose sono un po’ cambiate e ogni spettacolo che produciamo è originale e ideato dai nostri studenti, ma gli impegni che abbiamo sono numerosi:
Gennaio: portiamo un primo gruppo di studenti in Ruanda per 2-3 settimane. Laggiù mostriamo loro una nuova realtà, andiamo a visitare i monumenti, dopo il genocidio, scuole, villaggi, campi profughi, riserve naturali… inoltre, collaboriamo con degli attori del Ruanda con i quali organizziamo sempre un piccolo spettacolo, che va in scena prima della nostra partenza.
Febbraio - Maggio: sviluppiamo lo spettacolo che abbiamo ideato in Ruanda per portarlo in scena anche nel nostro campus.
Settembre – Dicembre: visitiamo numerose scuole frequentate da giovani studenti, che si approcciano al teatro grazie a giochi divertenti e stimolanti.
L’Anne Frank Project ha numerose missioni e ognuna di esse è decisamente importante. Decidendo di aiutarvi, i donatori possono dare una mano ai progetti dell’Anne Frank Project con base in Ruanda; i donatori possono aiutare a mandare un bambino a scuola, a fornire elettricità oppure possono aumentare la distribuzione delle vacche (in Ruanda le vacche permettono alle famiglie di nutrire i loro figli, fertilizzare i terreni…)
Oppure, i donatori possono sostenere i progetti dell’Anne Frank Project con sede negli Stati Uniti: in questo modo, i sostenitori permettono agli insegnanti di poter avere nelle scuole i vostri programmi gratuitamente, oppure possono aiutarvi a portare gli studenti in Ruanda per uno scambio culturale. Possono sostenervi persone da tutto il mondo?
Assolutamente! Siamo sempre onorati quando riceviamo delle donazioni. Il SUNY ci aiuta per quanto riguarda i costi per la conferenza che organizziamo ogni anno, ma per portare avanti gli altri progetti, abbiamo sempre bisogno di donazioni. E le donazioni che riceviamo vengono utilizzate al 100% per i nostri progetti. Per chi fosse interessato a saperne di più, può scrivermi un’e-mail a: [email protected]
Siamo profondamente grati nei confronti di tutti coloro che decidono di darci una mano. Vogliamo impegnarci al nostro meglio per permettere ai bambini, come Anne Frank, di poter raccontare le loro storie.
A
che cosa aspira l’Anne Frank Project?
Grazie per avermi posto questa domanda. La missione dell’Anne Frank Project è quella d’insegnare a distruggere i conflitti e a maturare il rispetto nelle comunità. Inoltre, ispirandoci alla saggezza di Anne Frank, c’impegniamo a dare una voce a tutte quelle storie silenziose, che vedono protagoniste ingiustizie di ogni tipo.
Perché hai deciso di chiamare il tuo progetto includendo il nome di Anne Frank?
Ho deciso di farlo dopo la nostra produzione teatrale Il Diario di Anne Frank. Alla fine, quello si è rivelato proprio un progetto su Anne Frank. Usiamo il termine “progetto” perché fa pensare a un qualcosa che avanti, che si sviluppa e che giornalmente esplora nuove cose. Come Anne, siamo molto curiosi, appassionati e professionali. Penso che Anne Frank sarebbe stata un’ottima attrice!
Puoi lasciare un messaggio ai sostenitori dell'associazione UN PONTE per ANNE FRANK?
Raccontare le nostre storie non è un opzione; è una necessità. Dobbiamo imparare come raccontare le nostre storie così che siano comprese, così che i nostri ascoltatori possano assorbire le nostre parole e riflettere su quello che diciamo. Tutto quello di positivo che è successo nel mondo è accaduto anche grazie a tutte quelle persone che hanno fatto valere i loro diritti e hanno raccontato le loro storie. E lo stesso vale per l’opposto: tutto quello di negativo che è accaduto nel nostro mondo (guerre, genocidi, oppressioni…) è avvenuto perché nessuno poteva raccontare la sua storia, perché le voci delle vittime erano state messe a tacere…
Ancora più grave è quando una persona ha una storia da raccontare, potrebbe farlo, ma non lo fa. È la cosa peggiore.
Dicci qualcosa che non ti ho chiesto, qualcosa sull’Anne Frank Project, il vostro motto…
“Alla fine ricorderemo non le parole dei nostri nemici ma il silenzio dei nostri amici” – Martin Luther King.
Grazie per questa bellissima intervista! Auguro il meglio a te, a tutti i tuoi colleghi e agli studenti dell’Anne Frank Project!
Sono io a dover ringraziare te Sofia, e i lettori di quest’intervista! Che onore condividere l’Anne Frank Project con i nostri fratelli e sorelle italiani! Siamo qui tutti insieme, ed è bellissimo poter unire i nostri due Paesi. Tra le ingiustizie che attualmente fanno parte del nostro mondo, ci sono anche moltissime meraviglie, e tra queste naturalmente ci siete tu, i tuoi sostenitori e UN PONTE per ANNE FRANK. È stato un vero piacere essere qui con voi oggi, e non vedo l’ora di dedicarmi a delle future collaborazioni con il tuo sito. Tikkun Olam – Ripariamo il Mondo.
Per maggiori informazioni: CLICCA QUI
Per scaricare l’app di The Anne Frank Project: CLICCA QUI
Per iscriversi alla mailing list di The Anne Frank Project: CLICCA QUI
Grazie per avermi posto questa domanda. La missione dell’Anne Frank Project è quella d’insegnare a distruggere i conflitti e a maturare il rispetto nelle comunità. Inoltre, ispirandoci alla saggezza di Anne Frank, c’impegniamo a dare una voce a tutte quelle storie silenziose, che vedono protagoniste ingiustizie di ogni tipo.
Perché hai deciso di chiamare il tuo progetto includendo il nome di Anne Frank?
Ho deciso di farlo dopo la nostra produzione teatrale Il Diario di Anne Frank. Alla fine, quello si è rivelato proprio un progetto su Anne Frank. Usiamo il termine “progetto” perché fa pensare a un qualcosa che avanti, che si sviluppa e che giornalmente esplora nuove cose. Come Anne, siamo molto curiosi, appassionati e professionali. Penso che Anne Frank sarebbe stata un’ottima attrice!
Puoi lasciare un messaggio ai sostenitori dell'associazione UN PONTE per ANNE FRANK?
Raccontare le nostre storie non è un opzione; è una necessità. Dobbiamo imparare come raccontare le nostre storie così che siano comprese, così che i nostri ascoltatori possano assorbire le nostre parole e riflettere su quello che diciamo. Tutto quello di positivo che è successo nel mondo è accaduto anche grazie a tutte quelle persone che hanno fatto valere i loro diritti e hanno raccontato le loro storie. E lo stesso vale per l’opposto: tutto quello di negativo che è accaduto nel nostro mondo (guerre, genocidi, oppressioni…) è avvenuto perché nessuno poteva raccontare la sua storia, perché le voci delle vittime erano state messe a tacere…
Ancora più grave è quando una persona ha una storia da raccontare, potrebbe farlo, ma non lo fa. È la cosa peggiore.
Dicci qualcosa che non ti ho chiesto, qualcosa sull’Anne Frank Project, il vostro motto…
“Alla fine ricorderemo non le parole dei nostri nemici ma il silenzio dei nostri amici” – Martin Luther King.
Grazie per questa bellissima intervista! Auguro il meglio a te, a tutti i tuoi colleghi e agli studenti dell’Anne Frank Project!
Sono io a dover ringraziare te Sofia, e i lettori di quest’intervista! Che onore condividere l’Anne Frank Project con i nostri fratelli e sorelle italiani! Siamo qui tutti insieme, ed è bellissimo poter unire i nostri due Paesi. Tra le ingiustizie che attualmente fanno parte del nostro mondo, ci sono anche moltissime meraviglie, e tra queste naturalmente ci siete tu, i tuoi sostenitori e UN PONTE per ANNE FRANK. È stato un vero piacere essere qui con voi oggi, e non vedo l’ora di dedicarmi a delle future collaborazioni con il tuo sito. Tikkun Olam – Ripariamo il Mondo.
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