"Ho riflettuto molto su questo libro. Giorno e notte, a pranzo e a cena, nella salute e nella malattia. Ed in senso letterale, non lo stavo dicendo per scherzare.
Ho concluso che questo in realtà non è un vero libro, non lo posso giudicare con gli stessi parametri con cui di solito giudico tutti gli altri. Prima di tutto questo diario non è stato assolutamente scritto con l'intento di essere pubblicato, o anche semplicemente di essere letto da altri. Anne Frank non permetteva a nessuno di aprirlo, e mi sembra anche normale.
Mi sembra anche assurdo criticarlo come se fosse un'opera letteraria, perché io qua vedo solo il diario di una ragazzina di nome Anne, che cerca di trovare una valvola di sfogo fra le mura opprimenti del suo nascondiglio, un confidente. E sinceramente non mi sentirei neanche di indicarlo come prima lettura se si vuole cercare di capire la tragedia della seconda guerra mondiale e del trattamento assurdo che gli ebrei hanno dovuto sopportare. Perché quello che riporta il diario è Anne, che fino al 4 Agosto 1944 ha sempre avuto più fortuna di altri, è rimasta nascosta, fuori dalla devastazione di quel periodo. L'unico legame col mondo era la radiolina che comunicava le notizie dai vari fronti. Ed Anne, bisogna ricordarlo, era solo una ragazzina, quasi inconsapevole della guerra che stava avvenendo. La ascoltava dalla radio con sicura partecipazione, ma sulle pagine di questo diario non è della guerra che vuole parlare. Figuriamoci, dai. Non mi pare neanche che Anne fosse particolarmente avanti, per cui all'età di dodici o tredici anni (anche se già dopo i quattordici si comincia a porre certe domande) arriva a e si mette a parlare della gravità di quello che sta accadendo. Quindi vorrei dare il mio consiglio su questa lettura: affrontatela come un semplice diario, non come una vera e propria testimonianza del dramma di quei tempi. E se lo affronterete con questa sorta di approcio "semplice", pian piano capirete (spero) dove sta la grandezza di queste lettere.
Io dico subito la mia, perché non mi piace neanche parlare per gli altri, in realtà.
Io sono partita col piede sbagliato, non mi ero premurata di prendere le giuste precauzioni. Dico subito che si parte dal 42, da una Anne ancora infantile, capricciosa e viziata. All'inizio guardavo quasi con una certa antipatia questa bambina così presuntuosa e mi veniva da dire "ehi, abbassa un po' la cresta!". Non lo dicevo con rabbia o altro, semplicemente con una sorta di incredulità. Per me è stato proprio come cercare di convivere con lei, e man mano trovare del buono, ammirare le parti migliori e guardare con indulgenza i difetti. Mi sono affezionata? Sì, è quello che sto dicendo. Grazie al gruppo di lettura, che mi ha impostato una lettura più lenta (l'ho letto nell'arco di un mesetto), in qualche modo io, la cara Kitty, ed Anne siamo arrivate persino a volerci bene. Leggevo le lettere e man mano che passavano i mesi mi rendevo conto che c'era qualcosa di diverso nell'Anne che si sedeva, cominciava con il suo "Cara Kitty," e mi parlava. Stranamente non mi rendevo conto che man mano quel Cara Kitty significava un sorriso per me, come se mi sentissi quasi felice del fatto che in quello specifico giorno Anne sia venuta a parlarmi. Ho saputo ascoltarla anche quando nei suoi sfoghi esagerava nei giudizi e nelle conclusioni, ho saputo essere felice per lei quando si rendeva conto, qualche lettera dopo o addirittura mesi dopo, dei suoi sbagli. La mia disposizione nei suoi confronti era quasi quella di una sorella maggiore. Ho voluto e voglio bene ad Anne, ho riso se mi riferiva qualcosa di particolarmente divertente, in alcuni momenti stavo proprio pensando "eddai, dacci un taglio e non prendertela così!" e magari con quella classica sopportazione e pazienza che i familiari devono sempre avere. Ad un certo punto nelle lettere dei primi giorni del Marzo 1944 mi sono fermata, chiedendomi perché mi sentissi così ammirata. Poi mi sono resa conto. Mi sono sussurrata "guardala, la mia piccola Anne sta crescendo.." e l'ho detto con quel tono calmo e contemplativo, in quel momento ero sicura del miracolo della vita su quel brutto anatroccolo che era Anne Frank. Era un fiore che germogliava, una ragazzina innamorata e una persona sempre più matura nei giorni che passavano. L'ho osservata come una sorella maggiore può osservare la sua sorella minore, mi sono ricordata dei tempi in cui anche io magari mi rendevo conto delle cose che lei ammirava quasi con una prima meraviglia, e ho sorriso ai ricordi di quegli anni andati.
(Oddio, ma che sono, vecchia?!)
In realtà posso assicurare che differenze di età del genere sono ben evidenti durante l'adolescenza, è proprio un processo di maturazione molto lento, per cui fa già senso pensare al proprio io di due anni prima.
Ed io ero veramente contenta che quel giorno Anne fosse così felice, ma senza volerlo ho voluto vedere che giorno era e..mi sono resa conto che era l'8 Marzo 1944, che i nazisti sarebbero irrotti nel loro nascondiglio pochi mesi dopo e che Anne sarebbe morta.
Mi sono sentita sprofondare, urlare fra me e me l'ingiustizia di una cosa del genere. Stavo proprio pensando "non la mia piccola Anne, non questa bellissima ragazza che sta vivendo, non lei che ora mi parla della vita con amore". E all'improvviso ho avuto le lacrime agli occhi, ho continuato ad ascoltare di Anne, che inconsapevole continuava a raccontarmi lettera dopo lettera delle sue piccole gioie, delle sue nuove e sempre più profonde riflessioni, e in alcuni punti non riuscivo ad ascoltarla cercando di mostrarmi felice, dovevo per forza chiudere il libro e cercare di calmarmi nel pensiero "morirà, morirà, morirà e io non voglio, non può succedere". E morirà come, fra l'altro? Verrà deportata per colpa di quei bastardi nazisti, verrà trattata nei modi più vergognosi e morirà di tifo nel campo di concentramento, proprio poco prima della liberazione.
Sapete quali erano i passi più ardui? I passi in cui le con assoluta fiducia nel futuro pensa al suo ritorno a scuola dopo la guerra, pensa ai sogni che vuole realizzare, nonostante la crudeltà della realtà, riporto una frase che dice durante uno dei suoi discorsi pieni di speranza verso il futuro:
"Vedo che il mondo lentamente si trasforma in un deserto, sento sempre più forte il rombo che si avvicina, che ucciderà anche noi, sono partecipe del dolore di milioni di persone, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto tornerà a volgersi al bene, che anche questa durezza spietata finirà, e che nel mondo torneranno tranquillità e pace. Nel frattempo devo conservare alti i miei ideali, che forse nei tempi a venire si potranno ancora realizzare!".
Ed io, che mi sono affezionata alla mia Anne, come..come faccio a non piangere davanti alla consapevolezza che sta parlando in data 21 Luglio, e che il 4 Agosto , l'inizio della fine, è sempre più vicino? E lei, facendomi anche del male, mi parla proprio di questo? Ed io perché, perché devo affrontare la durezza del segreto che devo portarmi fra le pagine? Come faccio a leggerla sapendo che no, sono speranze vane e che la morte è più vicina che mai?
Spero di aver suggerito quel "E se lo affronterete con questa sorta di approccio "semplice", pian piano capirete (spero) dove sta la grandezza di queste lettere. "."
Ho concluso che questo in realtà non è un vero libro, non lo posso giudicare con gli stessi parametri con cui di solito giudico tutti gli altri. Prima di tutto questo diario non è stato assolutamente scritto con l'intento di essere pubblicato, o anche semplicemente di essere letto da altri. Anne Frank non permetteva a nessuno di aprirlo, e mi sembra anche normale.
Mi sembra anche assurdo criticarlo come se fosse un'opera letteraria, perché io qua vedo solo il diario di una ragazzina di nome Anne, che cerca di trovare una valvola di sfogo fra le mura opprimenti del suo nascondiglio, un confidente. E sinceramente non mi sentirei neanche di indicarlo come prima lettura se si vuole cercare di capire la tragedia della seconda guerra mondiale e del trattamento assurdo che gli ebrei hanno dovuto sopportare. Perché quello che riporta il diario è Anne, che fino al 4 Agosto 1944 ha sempre avuto più fortuna di altri, è rimasta nascosta, fuori dalla devastazione di quel periodo. L'unico legame col mondo era la radiolina che comunicava le notizie dai vari fronti. Ed Anne, bisogna ricordarlo, era solo una ragazzina, quasi inconsapevole della guerra che stava avvenendo. La ascoltava dalla radio con sicura partecipazione, ma sulle pagine di questo diario non è della guerra che vuole parlare. Figuriamoci, dai. Non mi pare neanche che Anne fosse particolarmente avanti, per cui all'età di dodici o tredici anni (anche se già dopo i quattordici si comincia a porre certe domande) arriva a e si mette a parlare della gravità di quello che sta accadendo. Quindi vorrei dare il mio consiglio su questa lettura: affrontatela come un semplice diario, non come una vera e propria testimonianza del dramma di quei tempi. E se lo affronterete con questa sorta di approcio "semplice", pian piano capirete (spero) dove sta la grandezza di queste lettere.
Io dico subito la mia, perché non mi piace neanche parlare per gli altri, in realtà.
Io sono partita col piede sbagliato, non mi ero premurata di prendere le giuste precauzioni. Dico subito che si parte dal 42, da una Anne ancora infantile, capricciosa e viziata. All'inizio guardavo quasi con una certa antipatia questa bambina così presuntuosa e mi veniva da dire "ehi, abbassa un po' la cresta!". Non lo dicevo con rabbia o altro, semplicemente con una sorta di incredulità. Per me è stato proprio come cercare di convivere con lei, e man mano trovare del buono, ammirare le parti migliori e guardare con indulgenza i difetti. Mi sono affezionata? Sì, è quello che sto dicendo. Grazie al gruppo di lettura, che mi ha impostato una lettura più lenta (l'ho letto nell'arco di un mesetto), in qualche modo io, la cara Kitty, ed Anne siamo arrivate persino a volerci bene. Leggevo le lettere e man mano che passavano i mesi mi rendevo conto che c'era qualcosa di diverso nell'Anne che si sedeva, cominciava con il suo "Cara Kitty," e mi parlava. Stranamente non mi rendevo conto che man mano quel Cara Kitty significava un sorriso per me, come se mi sentissi quasi felice del fatto che in quello specifico giorno Anne sia venuta a parlarmi. Ho saputo ascoltarla anche quando nei suoi sfoghi esagerava nei giudizi e nelle conclusioni, ho saputo essere felice per lei quando si rendeva conto, qualche lettera dopo o addirittura mesi dopo, dei suoi sbagli. La mia disposizione nei suoi confronti era quasi quella di una sorella maggiore. Ho voluto e voglio bene ad Anne, ho riso se mi riferiva qualcosa di particolarmente divertente, in alcuni momenti stavo proprio pensando "eddai, dacci un taglio e non prendertela così!" e magari con quella classica sopportazione e pazienza che i familiari devono sempre avere. Ad un certo punto nelle lettere dei primi giorni del Marzo 1944 mi sono fermata, chiedendomi perché mi sentissi così ammirata. Poi mi sono resa conto. Mi sono sussurrata "guardala, la mia piccola Anne sta crescendo.." e l'ho detto con quel tono calmo e contemplativo, in quel momento ero sicura del miracolo della vita su quel brutto anatroccolo che era Anne Frank. Era un fiore che germogliava, una ragazzina innamorata e una persona sempre più matura nei giorni che passavano. L'ho osservata come una sorella maggiore può osservare la sua sorella minore, mi sono ricordata dei tempi in cui anche io magari mi rendevo conto delle cose che lei ammirava quasi con una prima meraviglia, e ho sorriso ai ricordi di quegli anni andati.
(Oddio, ma che sono, vecchia?!)
In realtà posso assicurare che differenze di età del genere sono ben evidenti durante l'adolescenza, è proprio un processo di maturazione molto lento, per cui fa già senso pensare al proprio io di due anni prima.
Ed io ero veramente contenta che quel giorno Anne fosse così felice, ma senza volerlo ho voluto vedere che giorno era e..mi sono resa conto che era l'8 Marzo 1944, che i nazisti sarebbero irrotti nel loro nascondiglio pochi mesi dopo e che Anne sarebbe morta.
Mi sono sentita sprofondare, urlare fra me e me l'ingiustizia di una cosa del genere. Stavo proprio pensando "non la mia piccola Anne, non questa bellissima ragazza che sta vivendo, non lei che ora mi parla della vita con amore". E all'improvviso ho avuto le lacrime agli occhi, ho continuato ad ascoltare di Anne, che inconsapevole continuava a raccontarmi lettera dopo lettera delle sue piccole gioie, delle sue nuove e sempre più profonde riflessioni, e in alcuni punti non riuscivo ad ascoltarla cercando di mostrarmi felice, dovevo per forza chiudere il libro e cercare di calmarmi nel pensiero "morirà, morirà, morirà e io non voglio, non può succedere". E morirà come, fra l'altro? Verrà deportata per colpa di quei bastardi nazisti, verrà trattata nei modi più vergognosi e morirà di tifo nel campo di concentramento, proprio poco prima della liberazione.
Sapete quali erano i passi più ardui? I passi in cui le con assoluta fiducia nel futuro pensa al suo ritorno a scuola dopo la guerra, pensa ai sogni che vuole realizzare, nonostante la crudeltà della realtà, riporto una frase che dice durante uno dei suoi discorsi pieni di speranza verso il futuro:
"Vedo che il mondo lentamente si trasforma in un deserto, sento sempre più forte il rombo che si avvicina, che ucciderà anche noi, sono partecipe del dolore di milioni di persone, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto tornerà a volgersi al bene, che anche questa durezza spietata finirà, e che nel mondo torneranno tranquillità e pace. Nel frattempo devo conservare alti i miei ideali, che forse nei tempi a venire si potranno ancora realizzare!".
Ed io, che mi sono affezionata alla mia Anne, come..come faccio a non piangere davanti alla consapevolezza che sta parlando in data 21 Luglio, e che il 4 Agosto , l'inizio della fine, è sempre più vicino? E lei, facendomi anche del male, mi parla proprio di questo? Ed io perché, perché devo affrontare la durezza del segreto che devo portarmi fra le pagine? Come faccio a leggerla sapendo che no, sono speranze vane e che la morte è più vicina che mai?
Spero di aver suggerito quel "E se lo affronterete con questa sorta di approccio "semplice", pian piano capirete (spero) dove sta la grandezza di queste lettere. "."